
Testi liturgici: At 4,8-12; I Gv 3,1-2; Gv 10,11-18
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Interessante l’espressione di Pietro: “Gesù è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata pietra d’angolo”.
Abbiamo mai pensato che di fatto sarebbe come una specie di scambio di cortesia da parte di Pietro?
Infatti per l’addietro Gesù aveva detto a lui: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.
Pietro, volendo ora ricambiare, è come se dicesse: “È vero che mi hai costituito pietra perché mi hai fatto tuo vicario, ma in realtà la vera pietra incrollabile sei solo tu, perché solo tu sei la pietra angolare, fondamentale e indispensabile. Infatti, senza di te non c’è salvezza ”.
Purtroppo la verità è che lungo i secoli tale pietra è stata da qualcuno sempre scartata. Anche ai nostri giorni questo comportamento è quanto mai attuale. Infatti, quanta gente va avanti non contando su di lui, ma sulle proprie capacità e su quanto è prodotto dal progresso scientifico!
Però, c’è pure un’altra considerazione da fare. Se è vero, come è vero, che la pietra per sua natura è un elemento duro, Gesù invece, pur essendo ben solido per natura, di fatto è molto dolce. Oggi vuol dimostrarcelo col dirci di essere solo lui il buon pastore.
In che senso è da intendersi?
Intende dire che tutto quanto egli fa, lo fa solo per il bene nostro, egli non fa nulla per il proprio vantaggio. Paragonando noi ad un gregge di cui lui è innamorato, non si comporta come il garzone, come il mercenario, il quale lo fa solo per un lavoro e quindi per il guadagno, tanto che se si trovasse in pericolo sarebbe disposto a lasciare tutto pur di salvare la propria vita.
Gesù è tutto il contrario, è disposto a tutto, sino a dare la sua vita per noi, come ha detto: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore da la vita per le sue pecore”.
Dinnanzi a questa verità, cosa vi sarebbe da temere da parte nostra?
Egli non ci lascia un istante, e se di fatto fossimo noi ad allontanarci, simili alla situazione della pecorella perduta, egli lascia tutto per venire alla ricerca di noi. Trovandoci non ci bastona, anzi ci carica dolcemente sulle spalle e ci riporta al nostro posto. Tutt’al più - e lo deve dire altrimenti non sarebbe più il buon pastore – ci dirà di stare più attenti in avvenire perché non ci capiti di nuovo e con effetto peggiore.
In altre parole. Facendo questo, mette in atto il suo amore e la sua misericordia.
Attenzione, però, ad intendere bene che cosa sia la misericordia. Non è che possiamo continuare a peccare confidando solo sulla sua misericordia senza anche nel nostro impegno, nel fare buoni propositi. È vero che ci perdona sempre, però dovremmo ben ricordare anche cosa ha detto alla prostituta: “Nessuno ti ha condannata, neanche io ti condanno. Va e non peccare più”.
Questa verità è espressa bene anche nel brano della lettera di Giovanni: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”.
Sono parole veramente consolanti!
Infatti, qual è quel padre che dimentica il figlio?
Questo, per una assurda ipotesi, potrebbe anche avvenire per un padre terreno, ma certamente non avviene mai per Colui che è il Padre eterno. Con lui mai rimarremo abbandonati ed orfani, ma sempre saremo aiutati.
Guai a noi se non credessimo a questo! Produrrebbe la chiusura ed il ripiegamento su noi stessi, cosa che non può non avere altro esito che la continua scontentezza e tristezza, sino a giungere ad una vera depressione.
Tutti siamo chiamati a vivere nella logica di Dio, a fare della propria vita un continua dono di amore.
Guai a noi se riducessimo la vita ad una corsa frenetica, alla sola ricerca del proprio interesse e del proprio tornaconto.
Sac. Cesare Ferri Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello