Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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28 Giovane ricco
Testi liturgici: Sap 7,7-11; Sl 89; Eb 4,13-13; Mc 10,17-30

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Abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “La parola di Dio è viva, efficace, più tagliente di ogni spada a doppio taglio”.
Come è vero! Basti pensare alla espressione del vangelo di oggi: “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!”.
Attenzione, però!
Queste parole non devono essere lette come un invito al disprezzo delle ricchezze. Lo sbaglio sta nel considerarle più importanti di quello che sono.
Ecco perché nella prima lettura abbiamo ascoltato la preghiera di Salomone. Egli ha saputo scegliere dando il giusto valore alle cose.
Prima di ogni altra cosa ha chiesto la Sapienza, la quale vale più di tutto il resto. Ecco la sua considerazione: “Tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento”.
Cosa è la Sapienza?
La Sapienza è un dono di Dio, concessa a chi la chiede.
In cosa consiste?
Consiste nel guardare le cose con gli occhi di Dio e valutarle secondo il suo pensiero; è dare a tutte le cose il giusto valore, senza disprezzare o idolatrare niente e nessuno.
Ed è proprio in riferimento alla mancanza di questa Sapienza che Gesù dice: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”.
In altre parole, il tipo di ricchezza cui si riferisce Gesù è quella che ci impedisce la relazione con il Signore. Questo tipo di ricchezza consiste nel pensare che, quando abbiamo tutto, diventiamo sufficienti a noi stessi, per cui non abbiamo più bisogno di Dio.
A pensarci bene, tutti e facilmente corriamo il rischio di cadere in questo tranello. Tanto è vero che i discepoli pongono la domanda: “E chi può essere salvato?”.
Per comprendere bene chi sono i ricchi di cui parla Gesù, bisogna ricordare e fare il confronto con quelli che nella Bibbia, sono chiamati “poveri”.
Essi sono più che una categoria economica. Sono una categoria spirituale, e va riferita a quelle persone che si affidano a Dio e che confidano in lui. Gesù nel discorso sulle beatitudini, infatti, dice: “Beati i poveri in <spirito>”.
E’ vero che la condizione economica di precarietà può favorire quella spirituale di povertà, ma non è detto che ne sia la premessa necessaria e sufficiente.
Il Signore vuole che il cristiano deve sempre combattere la povertà economica, deve sempre soccorrere i poveri e aiutarli a non esserlo più.
Al giovane che era corso da Gesù per sapere cosa fare per avere la vita eterna e che ha avuto la risposta di vendere quello che aveva, parafrasando la stessa espressione, è come se Gesù gli avesse detto: “Se è vero che osservi i comandamenti, sii povero, mostra di fidarti di Dio e avrai la vita eterna”.
Lui non si è fidato, con la conseguenza che: “Si fece scuro in volto e se ne andò rattristato”.
E’ proprio di qui che proviene la scontentezza e la tristezza di cui tante volte soffriamo.
L’episodio evangelico deve farci riflettere. Spesse volte siamo disposti a dare tante cose a Dio, tranne l’unica cosa che davvero ci chiede.
Il Signore non chiede principalmente né le nostre cose, né i nostri atti di culto. Egli vuole il nostro amore che si manifesta nella nostra fiducia in lui.
Se questo non avviene, anche le preghiere più belle e gli atti di carità più grandi restano senza significato davanti a lui.
E noi, purtroppo, continuiamo ad essere scontenti e tristi!
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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