Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Buon pastoreTesti liturgici: At 4,8-12; Sl 117; I Gv 3,1-2; Gv 10,11-18
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Abbiamo udito e ascoltato bene l’asserzione di Gesù: “Io sono il buon pastore!”.
Nell’attuale cultura e nel contesto geografico nel quale viviamo, la pastorizia e la figura del pastore non hanno un grande richiamo.
Nella Bibbia, invece, l’immagine del pastore e del gregge ha un significato del tutto positivo e profondo, perché è l’occupazione delle persone a cui si riferisce. Il Signore usa la similitudine per far comprendere il proprio comportamento, cosa poi che si manifesterà nella vita e nelle parole di Gesù.
Chi è il pastore, quello vero e buono, non quindi il mercenario, il mestierante pagato per il servizio?
Il pastore buono è colui che guida con amore il suo gregge, provvede perché rimanga unito, difende le pecore dai pericoli, le ama tutte indistintamente, ed è disposto a dare tutto per loro.
Per il buon pastore le pecore non sono anonime. Le conosce ad una ad una, si preoccupa per ciascuna di esse, le conta quando ritornano all’ovile perché nessuna sia andata perduta, e, nell’ipotesi della mancanza anche di una sola, lascia le altre per cercare questa.
Ebbene, attraverso questa similitudine, noi dovremmo acquistare l’dea esatta sulla figura di Gesù e sul suo comportamento.
Lo afferma chiaramente lui stesso: “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore”.
A questo punto, ci domandiamo: Gesù ha fatto veramente così?
Certamente!
Gesù ha dato tutto se stesso e lo ha mostrato nel susseguirsi degli eventi: nel dire “sì” alla volontà del Padre facendosi uno di noi; nell’essere simili a noi in tutto, ad eccezione del peccato; lavorando e sudando nella bottega artigiana; predicando, sollevando gli oppressi e curando gli ammalati nella vita pubblica; sino a morire sulla croce, condannato ingiustamente. E, tutto questo, lo ha fatto per farci figli di Dio. Ora continua usando la sua infinita misericordia.
Lo ha espresso bene Giovanni, nella seconda lettura: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”.
A questo punto appare chiara la differenza tra il buon pastore Gesù e il mercenario. Ambedue guidano il gregge e lo portano al pascolo, ma solo Gesù offre se stesso, l’altro, nel pericolo, fugge.
Grande modello per tutti, specialmente per noi preti, per i genitori, per gli educatori, per i catechisti, per gli operatori pastorali, per ognuno che vuol essere educatore.
Non basta insegnare e indicare la strada da percorrere - adeguandosi poi al detto “armiamoci e partite” - ma percorrendola per primi.
Ovviamente per riuscire ad essere così, non possiamo distaccarci dalla persona del buon pastore: egli non solo ci è modello, ma anche ci ottiene la grazia per riuscire ad essere come lui.
Il discorso di Pietro è stato chiaro. Per avere la salvezza non si può prescindere dalla persona di Gesù: “Egli è la pietra scartata da voi costruttori e che è diventata pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza”.
Questo significa che, per quante proposte si possano fare per una salvezza facile e a buon mercato, senza Gesù resteremo sempre delusi.
Penso che ognuno di noi lo ha esperimentato. Facendo di testa propria, allontanandosi dalla comunità riunita attorno a Gesù, non accettando di mettere in pratica i suoi suggerimenti, siamo rimasti delusi e scontenti.
Solo con Gesù possiamo dare senso alla vita e sperimentare la salvezza nel suo nome. La sua grazia vale più della vita e la sua amicizia rende più ricchi di qualsiasi tesoro.
Però, non si può capire se non si è esperimenta. Lo auguro a tutti.
Ci aiuti il buon pastore ad incontrarlo veramente!
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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