Testi liturgici: At 3,13-1.17-19; Sl 4; I Gv 2,1-5; Lc 24,35-48Per il documento: clicca qui
Mi ricordo, da ragazzo, che alla risposta sul numero del sacramenti che giustamente risultava di sette, in forma di battuta, mi dicevamo: “Guarda, che ti sei dimenticato l’ottavo: quello dell’ignoranza!
Lo abbiamo ascoltato nella prima lettura. Pietro, rivolgendosi al popolo, dice che hanno fatto male ad uccidere Gesù, però li scusa, dicendo: “Io so che voi avete agito per ignoranza”.
Il riferimento, anche nell’oggi, è rivolto a tanta gente che non conosce o non si rende conto di alcuni comportamenti per vivere da veri cristiani e quindi, non essendo colpevoli, si salvano ugualmente.
Però attenzione, l’ignoranza anche se non è colpevole, non è cosa buona: può allontanarci da Dio e ci impedisce di accogliere i suoi doni nella nostra vita.
Pertanto, anche se non c’è colpa, c’è però un impoverimento. Quindi fanno bene i preti, i genitori, i catechisti, gli educatori a richiamare il buon comportamento delle persone loro affidate, proprio come ha fatto Pietro.
Pietro, quindi, non accusa direttamente il popolo, ma lo mette di fronte alle proprie responsabilità dicendo loro: “Avete rinnegato il Santo e il Giusto… avete ucciso l’Autore della vita”.
Ne segue che l’ignoranza, anche se non è colpevole, tuttavia non è giustificabile.
Pertanto, è dovere di ognuno porsi in continuo atteggiamento di conversione, cioè in ascolto della parola di Dio. E’ proprio tale parola che ci aiuta a capire la via giusta da percorrere; ci aiuta a non illuderci quando andiamo dietro a idee del tutto sbagliate sul Signore, sulla sua legge; quando diamo giudizi sul comportamento dei cristiani, anche se il tutto è compiuto in buona fede.
Se non entriamo in questa ottica di conversione, rischiamo di allontanarci dal Signore e dal suo amore, invece di avvicinarci; rischiamo, cioè, di farci un Dio a nostra immagine e somiglianza.
La conseguenza è pure di correre il rischio di scambiare Gesù per un fantasma, quando si manifesta nella nostra vita; come è successo ai discepoli: “Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma”.
In altre parole, ci facciamo di Gesù una immagine sbiadita ed evanescente, posta ai margini della nostra vita; non abbiamo ancora capito che Lui è il “Vivente”, colui che ha in sé la vita e che la dona a chi è disposto a riceverla.
La sua presenza è così concreta e reale nella nostra vita che addirittura si fa nostro commensale: “Avete qui qualcosa da mangiare?”.
In altre parole, si ferma nella nostra quotidianità, condividendo perfino le cose più normali e feriali, come un pranzo.
E’ fondamentale prendere questa consapevolezza se vogliamo trasformare le nostre giornate in un orizzonte nuovo, con una luce diversa.
Questo dipende però, dallo spazio che vogliamo dargli: se ci ostiniamo a lasciarlo ai margini, continueremo a vivere la nostra vita piuttosto trascinata e senza gioia.
In questo senso sono consolanti anche le parole di Giovanni ascoltate nella seconda lettura.
Tra l’altro ci dice: “Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti”.
Per la Bibbia, il verbo conoscere non è solo un fatto intellettuale. Si tratta, piuttosto, di entrare in un rapporto profondo di conoscenza e di comunione, ciò avviene solo se si osservano i comandamenti.
E’ necessario entrare in questa dimensione se vogliamo vivere una vita gioiosa e serena.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe Spicello