Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Tommaso apostoloTesti liturgici: At 4,32-35; Sl 117; I Gv 5,1-6; Gv 20,19-31
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Con oggi si chiude l’ottava di Pasqua, otto giorni che sono considerati come un giorno solo e nei quali abbiamo letto e ascoltato le varie apparizioni del Risorto.
Sino a qualche anno fa, si chiamava domenica “in Albis”, cioè il giorno in cui, i battezzati del sabato santo, deponevano l’alba, che era la veste bianca di cui si erano rivestiti.
Per iniziativa di San Giovanni Paolo II, è divenuta la “Domenica della Divina Misericordia”. Le letture di oggi, infatti, ruotano tutte intorno alla misericordia, a cominciare dalla colletta nella quale abbiamo ci siamo espressi così: “O Dio di eterna misericordia, che nella ricorrenza pasquale ravvivi la fede del tuo popolo…”.
Il salmo responsoriale lo ha ribadito e nel ritornello abbiamo ripetuto: “Il Signore è buono: il suo amore è per sempre”. Se, come altrove leggiamo, il Signore manifesta la sua onnipotenza soprattutto nella misericordia e nel perdono, e se questo amore è per sempre, ne consegue che non ci sono eccezioni: verso tutti e sempre usa misericordia.
Questa verità è da tenersi presente, in maniera speciale quest’anno, indetto da Papa Francesco, nel quale si apre il giubileo della misericordia,.
Anche il Vangelo sottolinea lo stesso aspetto.
In esso appare chiaro che, se Gesù è venuto a perdonare i peccati, questo suo impegno non si è concluso dopo la sua risurrezione e ascensione in cielo.
Ha voluto comunicare agli apostoli la possibilità di rimettere i peccati in suo nome: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Questa prerogativa non è forse espressione della grande misericordia che Dio ha nei nostri confronti?
A questo punto potrebbe sorgere un obbiezione: Come si concilia la espressione ascoltata, la quale sembra ammettere delle eccezioni: “A coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati?”.
Non significa che il perdono è legato all’arbitrio dei sacerdoti, ministri di perdono, ma piuttosto alla disponibilità del penitente, cioè al suo pentimento. Se questo non c’è, il perdono di Dio non riesce a raggiungere il peccatore. Se, invece, c’è, il perdono arriva certamente.
Una parola, ora, sul famoso Tommaso.
In fondo, in fondo, egli non è altro che l’espressione dell’incredulità che abita nel cuore di tanti cristiani di ieri e di oggi: “Sarà che c’è un aldilà!… Sarà che perdona sempre!… Sarà che pensa sempre a noi e ci aiuta!…”.
Eppure, anche a lui il Signore manifesta il suo amore e la sua compassione. Per raggiungere lo scopo si fa toccare.
Anche noi abbiamo bisogno di toccare e mettere le mani nelle ferite di Cristo. Deve servirci per poter essere confermati nella fedeltà a lui.
Quali sono queste ferite?
Sono quelle della nostra vita. Sono le prove, i dolori, le situazioni non gradite, delle quali il Signore si serve per richiamarci a lui.
Servono o dovrebbero servire per innalzare lo sguardo e il pensiero a lui, perché possa venire incontro a noi per perdonarci e per aiutarci.
Se questo lo abbiamo fatto e se guardiamo a fondo con attenzione, ci accorgiamo come il Signore ci abbia veramente aiutato.
Cosa temere per il futuro?
Allora, con Tommaso, dovremmo gridare: “Mio Signore e mio Dio!”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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