Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Domenica delle PalmeTesti liturgici: Is 50,4-7; Sl 21; Fil 2,6-11; Mc14,1-15,47
(A modo di introduzione alle letture, sostituendo l’omelia)
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Le letture di oggi, soprattutto il racconto della Passione e Morte di Gesù, sono quanto mai eloquenti che, se ascoltate con sincera e profonda attenzione, danno modo di riflettere alquanto.
Pertanto, al posto della successiva omelia, diamo una breve presentazione delle letture stesse.
Prima lettura. La parola di Isaia vuol sottolineare quella che dovrebbe essere la decisione di ogni servo del Signore, cioè di ogni cristiano. In questo caso, però, va particolarmente riferita al servo per eccellenza, a Gesù Cristo.
Egli, pur in mezzo alle sofferenze e alle trture, non cessa di sperare in Dio, perché sa che da lui gli verrà la salvezza.
Seconda lettura. Ascoltiamo un inno. Esprime il mistero profondo dell’incarnazione del Verbo, fino al punto più basso della sua umiliazione, cioè alla sua morte ignominiosa sulla croce, alla maniera di un ladro e di un assassino.
Ma proprio per questo, a chi lo invoca con fede, dona la salvezza. Non rimane che inginocchiarci davanti alla sua croce.
Racconto della passione. Vengono nominati diversi personaggi. Certamente, ognuno di noi si assomiglia ad uno di loro.
A chi assomigliamo? A Maria di Magdala, a Giuda, a Pietro, ad uno degli apostoli, a Pilato, ai falsi testimoni, al sommo sacerdote, ai flagellatori, alla folla che grida “crocifiggilo”, a Barabba, al Cireneo, ai due ladroni, al Centurione, a Giuseppe d’Arimatea?
Dovremmo scoprirlo meglio ascoltando con attenzione e riflessione.
Ad ogni modo, sia che ci ritroviamo fra i buoni o fra i meno buoni, una cosa è certa: Gesù vuole inondarci con i fiumi di misericordia che sgorgano dal suo costato trafitto.
Seguiamolo senza paura e non temiamo per i nostri peccati. Egli se li carica sulle spalle, lo porta sulla croce e di lì ci ridà nuova vita e nuova dignità.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

(Per il giovedì santo)
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Abbiamo ascoltato dalla prima lettura: “Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno”.
Segue il racconto del rito dell’agnello e dell’aspersione con il sangue dell’agnello stesso.
Poi conclude: “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete con rito perenne”.
Quello che colpisce, in questa lettura, è proprio la volontà di fare di tale rito, denominato pasqua, un evento perenne, da trasmettere di padre in figlio.
È la pasqua ebraica. Il motivo di tale richiesta di Dio è che questa pasqua rappresenta per la storia del popolo di Israele una svolta epocale: il rito ricorda che il popolo non è più schiavo, ma libero e con una nuova dignità.
È un fatto storico che anticipa, prepara e che, successivamente, è sostituito da un altro evento storico, da un’altra pasqua: quella cristiana.
Questa nuova pasqua ha un significato analogo, ma, nel contempo, molto più alto: ci ricorda che prima eravamo schiavi del peccato, ma grazie al sangue di Cristo, il vero agnello, siamo stati liberati e abbiamo ricevuto una nuova dignità.
Pertanto oggi, celebrando l’anniversario della istituzione di questa pasqua, è un giorno da vivere con particolare gratitudine. L’Eucaristia, infatti, è il segno eterno di un amore che libera e salva ancora, sino alla fine dei tempi.
Inoltre, non dobbiamo dimenticare un’altra cosa importante. Nell’Eucaristia vi è un forte riferimento alla dimensione escatologica della vita cristiana. Sono le parole di Paolo: “Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga”.
Ed è anche l’acclamazione dopo la consacrazione: “Ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice annunziamo la tua morte, Signore, nell’attesa della tua venuta”.
Cosa implica questo?
Ci aiuta a vivere bene, ogni giorno. Celebrando l’Eucaristia, siamo aiutati a capire che, anche nella ferialità e nella quotidianità, il Signore è con noi e ci ricorda, inoltre, che un giorno verrà a dare compimento a tutte le nostre attese.
Il vangelo, poi, scende al concreto.
Ci dà la chiave del successo personale e della vera gioia. Ci dice che la realizzazione di tutte le aspirazioni umane si trova in un solo verbo: servire.
Questo significa che quando siamo disponibili a dare qualcosa di noi – tempo, ascolto, accoglienza, vicinanza, sostegno – senza attendere nulla in cambio, miracolosamente la vita si trasforma.
Come l’esistenza di Gesù, anche la nostra diviene una vita eucaristica, cioè un dono, una lode e un ringraziamento.
Sac. Cesare Ferri Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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