Testi liturgici: Ger 31,31-54; Sl 50; Eb 5,7-9; Gv12,20-33Per il documento: clicca qui
Abbiamo ascoltato: “Verranno giorni nei quali concluderò un’alleanza nuova”.
Se c’è una nuova alleanza, qual’ è stata la precedente?
È quella che Dio, per mezzo di Mosè, ha stipulato sul Monte Sinai, scritta su due tavole di pietra.
La verità del fatto e il suo motivo lo abbiamo ascoltato: “Non sarà come l’alleanza che ho concluso con i loro padri, quando li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto, alleanza che essi hanno infranto, benché io fossi loro Signore”.
Ci ha detto che, purtroppo, a questa alleanza il popolo ha risposto con l’infedeltà.
Di conseguenza, Dio ne promette una nuova, non più scritta su tavole di pietra, cioè al di fuori di noi, ma dentro di noi: “Porrò la mia legge dentro di loro, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo”.
Quando e come è avvenuta tale nuova alleanza?
E’ avvenuta per mezzo di Gesù Cristo. Lo sentiamo ripetere in ogni messa, nel momento più importante della consacrazione: “Prendete e bevetene tutti: questo è il calice del mio sangue per la nuova ed eterna alleanza”.
Notiamo bene: è “nuova” ed anche “eterna”. L’eternità sta a significare che, da parte di Dio, non sarà più cambiata.
Però, anche in questa nuova, ci vuole la nostra risposta di adesione, cioè il nostro impegno di ogni giorno per rimanere fedeli.
Come riuscire in questo?
Il vangelo ci dà la risposta appropriata.
Dobbiamo assomigliare a quei greci che si rivolgono a Filippo: “Vogliamo vedere Gesù”.
È chiaro, non si tratta solo dello sguardo dell’occhio, ma anche di ascoltarlo e seguirlo.
Gesù coglie l’occasione per dirci il modo di seguirlo: “Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna”.
Finché non avremo il coraggio di fare come Gesù, il quale ha accettato che la sua vita fosse gettata attraverso la passione e la morte, la nostra vita porterà pochi e miseri frutti.
È questo l’atto di coraggio che Dio ci chiede: fidarci a tal punto da abbandonare ogni nostro progetto e desiderio per fare la sua volontà: solo questo ci farà portare frutto, come e quando solo lui sa.
Forse, senza vedere i frutti dei nostri sacrifici d’amore, permettendo a qualcun altro di raccoglierli, di goderne.
Se amiamo con questo spirito, non diciamo mai: “Ho fatto tanto e non è servita a niente!”.
Solo con questa vera gratuità diventiamo figli del Padre celeste, veri fratelli di Gesù e fra noi.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello