Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Dieci comandamentiTesti liturgici: Es 20,1-17; Sl 18; I Cor 1,22-25; Gv 2,13-25
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Ai suoi tempi, quando si andava al catechismo, guai se non si fossero imparati a memoria i dieci comandamenti! Certamente cosa buona.
Attenzione però, non si tratta tanto di regole da imparare a memoria, quanto di viverli. Si tratta di sapere che i comandamenti ci indicano il modo di relazionarci con Dio.
Dove si fonda questa relazione?
Per gli Israeliti, da una esperienza fatta e che non dovevano dimenticare.
Di quale esperienza si tratta?
Di quella dell’amore di Dio che li aveva fatti uscire dalla schiavitù dell’Egitto. Lo abbiamo ascoltato: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”. E continua col dire: “Non avrai altri dei di fronte a me”.
In altre parole è come se avesse detto: “Io sono il l’unico Signore che ti ama veramente, che non ti abbandona mai; non allontanarti dal mio amore, fidati di me che voglio solo il tuo bene”.
Era un fatto che non dovevano dimenticare nella vita, lo dovevano celebrare ogni anno con una festa solenne: era la loro Pasqua.
Per noi, oggi, si tratta di non dimenticare un altro tipo di liberazione, quella dalla schiavitù del peccato, avvenuta attraverso la morte e risurrezione di Gesù: è la nostra Pasqua.
Quali sono gli atteggiamenti e i gesti per non dimenticarsi?
Si tratta di ascoltare e mettere in pratica la sua Parola, espressa nel Vangelo, nella Bibbia, nel magistero della Chiesa.
Infatti, i dieci comandamenti sono anche definiti: le dieci parole. Esse, in qualche modo, riassumono tutto il pensiero di Dio. Fanno riferimento al nostro comportamento verso di lui e verso il prossimo.
Per l’esattezza, i primi tre comandamenti fanno riferimento a Lui; gli altri sette al prossimo. L’elencazione l’abbiamo pure ascoltata oggi.
Quando ci comportiamo diversamente da quello che dicono le dieci parole, significa che al posto del Dio vero – pur non rifiutandolo del tutto - abbiamo scelto altri dei. Essi, però, sono falsi; ad essi non interessa il nostro vero bene; per conseguenza, diventano un male per noi.
Non posso scendere ad applicare concretamente. Cito solo due esempi, referenti al primo e al terzo comandamento.
rendiamo persone che pregano e che fondamentalmente si fidano di Dio; sono superstiziose in tanti modi e forme; vanno pure da cartomanti, da santoni, da fattucchieri e simili. Questo significa che tali persone non si fidano totalmente di Dio: hanno scelto anche altri dei. Peccano contro il primo comandamento il quale dice: “Non avrai altro Dio fuori di me”.
Prendiamo persone che non santificano la domenica, cioè non rispondono a Dio che le chiama per fare festa insieme, per ascoltare la sua parola, per lodarlo, per fare famiglia con gli altri. Senza motivo o per motivi futili, non rispondono: è segno che il Signore conta poco nella loto vita; hanno scelto altri dei da accontentare. Peccano contro il terzo comandamento il quale dice: “Ricordati di santificare la festa”.
Il Signore ci ha dato i dieci comandamenti per la durezza del cuore. Non sarebbero necessari, se veramente amassimo il buon Dio e il prossimo. È da richiamare, a tal proposito, la famosa frase di Sant’Agostino: “Ama, poi fai quello che vuoi”.
È sottinteso che, se si ama veramente, avremo più attenzione e fiducia, sia nei confronti di Dio che del prossimo, evitando tutto quello che può dispiacere o ferire e cercando quello che può farli contenti.
Il guaio è che alla parola “amore” si danno tanti significati, che a volte sono del tutto contrapposti al vero amore, per cui spesso crediamo di amare Dio e gli altri, ma di fatto amiamo e idolatriamo noi stessi, gli altri e le cose.
Chiudo col dire che non ci scandalizzi l’espressione ascoltata: “Io sono un Dio geloso”.
Questa gelosia non è da intendersi nel senso negativo, come noi siamo soliti interpretare, ma in positivo.
Dio è geloso nel senso che, non osservando le sue parole, facciamo il male a noi stessi: cosa che a Lui dispiace e non lo vorrebbe.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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