Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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33 Parole che non passano
Testi liturgici:
Dn 12,1-3; Sl15; Eb 10,11-14.18; Mc 13,24-32
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Ci stiamo avviando verso la fine dell’anno liturgico. Anche la nostra vita è avviata, con un tempo che non conosciamo, più o meno lungo, versa la fine di questo pellegrinaggio terreno.
Tutto finito, una volta che siamo morti? C’è chi lo pensa.
La parola di Dio, invece, ci invita a guardare non solo la fine di questa vita terrena – cosa di cui nessuno dubita - ma principalmente “il fine” di questa vita, a cui pochi pensano: perché ci siamo, dove siamo diretti?
Altri, facendosi guidare da profeti di sventura, pensano che siamo diretti verso una catastrofe.
A prima vista, alcune espressioni ascoltate oggi, sembra lo confermino: “Il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo”.
Certamente, verrà la fine del tempo e del mondo: “Quanto a quel giorno – abbiamo ascoltato – nessuno lo sa…”.
Ma, prima di questo, cosa ci sarà?
Consideriamo, allora, anche altre espressioni. Dal Vangelo: “Dopo quella tribolazione…”. Il brano di oggi non specifica altro, ma nel profeta Daniele è più chiaro: “Sarà un tempo di angoscia, come non c’era stato mai…”.
Che vuol dire?
Per meglio comprendere, facciamo una similitudine.
Quando un figlio è concepito, quale è la sua situazione? Verso dove è diretto?
Deve trascorrere una situazione ed un tempo in uno stato provvisorio: quello di abitare nel grembo della madre, nell’attesa di nascere alla luce del sole.
Ma nel frattempo cosa succede?
Potrebbero esserci problemi, sia per il feto, sia per la madre. E comunque c’è sempre da affrontare, alla fine, il dolore del parto.
Trasferiamo la similitudine nel campo della fede religiosa e nella risposta alla Parola di oggi.
Una volta concepiti come creature e come figli di Dio, una volta nati in questo mondo, siamo nel grembo di madre terra, nell’attesa di nascere alla vera vita, quella di vedere per sempre la luce di Dio.
È chiaro che, in questa vita provvisoria, non mancano problemi e dolori sino al giorno della vera nascita, del passaggio da un tipo di vita ad un altro, cosa che avviene con il dolore della morte.
Proseguiamo nella similitudine.
Come sarà la nascita del concepito? Sarà vera o sarà un aborto?
Se fosse un aborto, quella persona non vedrebbe la luce del sole
Come sarà la nostra nascita alla vita eterna? La Parola di oggi ce lo ha detto.
Dal profeta Daniele abbiamo ascoltato: “In quel tempo sarà salvato il popolo, chiunque si trova scritto nel libro… e si sveglieranno alla vita eterna”. E quindi una nascita normale. Quelli, analoghi agli abortiti, si sveglieranno “alla vergogna e infamia eterna”.
Dei salvati è detto: “I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento”.
Questo è il fine della nostra vita terrena: entrare nella vita eterna e splendere, cioè essere felici per sempre.
Questa è la verità, perché è detta da Gesù: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”.
Chi ci aiuta per essere salvati?
Solo il Signore ci salva, anche se con la collaborazione di altri, come abbiamo ascoltato: “coloro che avranno indotto molti alla giustizia, splenderanno come le stelle”.
Perciò nel salmo abbiamo risposto cantando: “Proteggimi, o Dio, in te mi rifugio”.
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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