Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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tutti-santi     Testi liturgici: Ap 7,2-4.9-12; Sl 23; 1Gv 3,1-3; Mt 5,1-12
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Oggi le tre letture si aprono con la parola “vedere”: “Vidi salire dall’Oriente un altro angelo”; “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre”; “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna”.
Ebbene, la festa di tutti i Santi ci chiede di imparare a vedere.
Vedere che cosa?
Si tratta di vedere che la storia di ogni persona contiene in sé la promessa della santità di Dio, ne è immagine e somiglianza, ne riflette la luce, ma, al contempo, ne attende, non senza fatica e sofferenza, il compimento.
Cosa si intende dire?
Non è difficile pensare alla “santità” di alcune persone, che sono vissute fuori del comune e le cui immagini sono esposte nelle nostre chiese. Con questo è come se dicessimo che la santità è riservata solo ad alcuni, per gli altri, come si suole dire, è sufficiente avere “un posticino in paradiso”.
La festa di oggi, invece, ci invita ad andare oltre, perché la santità non è di pochi, ma di molti: “vidi una moltitudine immensa”, non è per gli eroi ma per la folla, non solo è riservata ad un gruppo scelto, ma è una chiamata di Dio fatta a tutti gli uomini.
Inoltre, una certa educazione religiosa, ha fatto della santità una “conquista”, una meta da raggiungere con nostra fatica, come scalare una difficile montagna per arrivare alla vetta.
E’ anche vero. Ma, anzitutto, la santità è un dono, fattoci nel giorno del Battesimo e che siamo invitati ad accogliere. Si riesce ad accoglierlo se si è miti, umili, misericordiosi, pazienti, puri, amanti della pace, ed anche perseguitati; in una parola se si è “poveri”, cioè se ci si fida totalmente di Dio mettendo Lui al primo posto e noi nelle sue mani, credendo che tutto il resto ci viene dato in aggiunta.
E
cco il motivo per cui oggi abbiamo ascoltato la proclamazione delle beatitudini.
Per similitudine, è come andare ad un supermercato che, volendo chiudere l’esercizio, cede tutta la merce ad un prezzo stracciato e di cui ognuno può ritirare la quantità che vuole.
Come fare se non abbiamo il mezzo di trasporto?
È una similitudine per farci capire una cosa. Il giorno del Battesimo il Signore ci ha dato in germe il dono della santità. Sta a noi, durante la vita, accrescerla e perfezionarla, vivendo le beatitudini. Come per un bimbo appena nato. La sua vita è un dono ricevuto, ed è già completa di tutto, ma deve ancora perfezionarsi. Cosa che, con l’aiuto dei genitori e di altri e con il proprio impegno, di mano in mano che cresce, si arricchisce di tante conoscenza e capacità.
Per cui, in quest’opera, gioca anche la libertà della persona!
Per quanto detto, allora, è da tener presente che essere santi non significa aver raggiunto una meta, ma rimanere affamati di quella meta, come ci è stato detto: “Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”.
Chi di noi non aspira ad essere felice?
Si intende una felicità profonda che non è un semplice piacere o una soddisfazione passeggera, cosa che non può durare a lungo.
Il segreto vero sta nel vivere le “beatitudini” oggi annunciate, cioè nell’essere santi.
Riepilogando, la santità è aprire il cuore alla speranza che la nostra vita si apre a una esistenza più grande, fondata sulla promessa che Dio è fedele e manterrà la sua parola: “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio… noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”.
Questa è la speranza che deve guidare la nostra vita!

Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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