Testi liturgici: Dt 6,2-6; Sl17; Eb 7,23-28; Mc 12,28-34
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Continuano le domande e i dialoghi polemici degli avversari di Gesù per coglierlo in fallo.
Solo uno Scriba, alla risposta sul più grande comandamento, concorda con Gesù, tanto che la risposta di Gesù è: “Non sei lontano dal regno di Dio”.
Questo dà ulteriore modo a Lui di spiegare come ci si rapporta con la legge giudaica, da essi tenuta in grande considerazione.
Si tratta di qualcosa di grandioso, non semplicemente per la sola osservanza di quella lista di dieci comandamenti. Infatti, se si limitasse alla sola osservanza, senza avere un rapporto con la vita quotidiana, sarebbe una cosa di ben poco valore
La legge è innanzitutto relazione; nasce dall’ascolto, genera le pratiche di vita personali e comunitarie, educa alla santità del comportamento e, prima ancora, alla santità del cuore. Non è tanto l’osservanza di una lista di norme e precetti, quanto di una relazione e di un dialogo, di cui i precetti sono uno degli strumenti per mantenere viva la relazione stessa.
Per cui tutta la legge si riduce, praticamente, ad un solo comandamento, quello di “amare Dio”, che è strettamente legato e inseparabile dall’altro, quello di “amare il prossimo”. Non si può amare Dio se non si ama il prossimo; non si ama veramente il prossimo se non si rimane in relazione con Dio.
A chi ama veramente, non è necessario dire cosa sia proibito, cosa sia necessario fare e cosa non bisogna omettere. Lo capisce da sé.
Noi queste cose le sappiamo, purtroppo spesso non le mettiamo in pratica.
Quanti altri invece, non le conoscono a livello mentale, ma di fatto, con la vita, le mettono in pratica. Essi ascoltano la voce dello Spirito che parla nel loro cuore e che li spinge a seguire i dettami della loro coscienza, con attenzione.
Potrebbero anche non essere cristiani, ma sono in relazione con Dio. A questi si può ben applicare l’affermazione di Gesù: “Non siete lontani dal regno di Dio”!
Gesù poi spiega quali siano le qualità di questi due amori.
La relazione verso Dio deve coinvolgere la persona intera, ecco perché dice: “Con tutto il cuore… con tutta l’intelligenza… e con tutte le forze”. In altre parole, con tutte le dimensioni e le capacità dell’esistenza umana.
Non basta solo in alcuni momenti di vita o per certi settori o ambienti.
Della relazione verso il prossimo, invece, è detto: “Come te stesso”, che tradotto significa: “Non fare agli altri quello che non ti piacerebbe che gli altri facessero a te; fai invece agli altri quello che ti piacerebbe gli altri facessero a te”.
Un’altra riflessione.
Se osserviamo il comandamento è segno che temiamo il Signore, come è stato richiesto e abbiamo ascoltato dalle parole di Mosè: “Temi il Signore, tuo Dio, osservando per tutti i giorni della tua vita le sue leggi e i suoi comandi”.
Attenzione!
Il timore non significa il senso di paura o di terrore. Ma vuol dire riconoscere Dio come unico Signore, dandogli il posto che merita nella nostra vita, cioè il primo. Tutto il resto deve ruotare attorno a questa verità fondamentale; se ciò non avvenisse, il rischio più comune sarebbe quello di divenire idolatri, cioè di volgere il proprio cuore ad altri dei. Questi fondamentalmente, sarebbero tre: la ricchezza, il potere, il sesso.
Quante persone sono schiave di questi falsi dei!
E’ chiaro che queste persone sono infelici, perché solo il Signore - come abbiamo udito dal salmo - è la nostra forza, la nostra roccia, il nostro scudo, la nostra felicità, il nostro tutto.
Noi, questo, lo crediamo e lo abbiamo confermato con la nostra risposta, cantando: “Ti amo, Signore, mia forza”.
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello