Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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   012 esterniTesti liturgici: Sap 2,12.17-20; Sl 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37
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Abbiamo ascoltato due espressioni analoghe. La prima: “Tendiamo insidie al giusto”. L’altra: “Il Figlio dell’uomo verrà consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno”. Qui non è detto che è “giusto”, però è sottinteso: chi più innocente e giusto di lui, Gesù?
Il giusto è sempre “scomodo”. È una constatazione che percorre la storia. Il giusto è sempre destinato a soffrire.
Ma, chi è questo giusto? Dal punto di vista della fede lo è colui che imposta la vita nella giustizia e santità, cercando solo e sempre la volontà di Dio; ma, a prescindere dalla fede, lo può essere ogni persona onesta nella vita, nel lavoro e nel rapporto con gli altri.
Perché è scomodo? Perché smuove la coscienza di chi, invece, vive di compromessi e di menzogne. Per questo, in qualche modo, il giusto va sempre eliminato.
Quanti anche oggi soffrono per questo!
Anche se non vengono eliminati materialmente, sono messi a tacere, sono messi in ridicolo, non sono assunti nel lavoro, vengono emarginati in tante forme, e altre cose del genere. Tutto questo è fatto perché la loro testimonianza perda di mordente e non svegli ulteriormente le coscienze.
Dobbiamo arrenderci di fronte a questa situazione? Dobbiamo adeguarci all’andazzo? No! Sarebbe anche la nostra sconfitta!
Infatti, come prosegue il testo evangelico?: “Una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà”. Allora, nonostante tutto, alla fine saremo vittoriosi! Ci crediamo veramente?
Purtroppo noi, spesso, siamo come gli apostoli. Essi avevano ben altro sulla testa e nei discorsi: chi fra loro sarebbe stato il più grande! Erano troppo ambiziosi, avevano bisogno di convertirsi: convertire le proprie aspettative e i propri atteggiamenti.
Per questo Gesù tiene loro una lezione appropriata. Una lezione che, oggi, fa a ciascuno di noi.
In altre parole, si tratta di convertirsi al servizio. È più facile mirare al potere, al comando, alla superiorità. È difficile fare della propria vita una donazione e un servizio d’amore, anche se costa sacrificio: “Se uno vuol essere il primo – lo abbiamo appena ascoltato – sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. È solo questo lo stile del cristiano.
Interessanti sono le espressioni di Giacomo il quale si domanda: “Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi?”.
La risposta che dà è quella di ogni tempo. Si tratta di estirpare dal cuore l’invidia e il risentimento nei confronti degli altri. È, questo, un vero peccato diabolico: infatti, il diavolo perse la sua dignità per invidia dell’uomo.
Spesso passiamo la vita nell’invidiarci gli uni gli altri, senza accorgerci dei doni che Dio ha messo anche nella nostra vita.
Ognuno ha i suoi doni, diversi dagli altri, ma da mettere in comune per il bene di tutti.
Non è questo la donazione della vita e un servizio di amore vicendevole?
Ebbene, è solo questo che ci fa grandi e riempie la vita di gioia.
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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