
Testi liturgici: 1Re 19,4-8; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51
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Ci siamo accorti che l’episodio di Elia rispecchia letteralmente alcuni momenti e situazioni della nostra vita?
Egli aveva compiuto bene la missione affidatagli da Dio, come pure noi cerchiamo di fare bene il nostro dovere.
Elia si era comportato da vero profeta, come pure noi cerchiamo di essere di buon esempio agli altri.
Elia non aveva nascosto la verità che Dio gli aveva ordinato di vivere e predicare, come anche noi cerchiamo di vivere coerentemente la nostra fede.
La vita coerente di Elia ha procurato a lui l’odio di alcuni ascoltatori, per cui è costretto a fuggire per potersi salvare. Infatti, era stato minacciato perfino di morte.
Non ne può più e chiede al Signore perfino di farlo morire veramente: “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri”.
Del resto anche noi a volte, oppressi da tante situazioni dolorose, usciamo con l’espressione: “Basta, non ne posso più!”.
Qual è la risposta del Signore data ad Elia?
Eccola: “Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino”.
In altre parole, è come se gli avesse detto che non è ancora giunta l’ora di morire, ma deve proseguire il cammino per poter raggiungere il monte sul quale gli sarà rivelato, in maniera ancor più intima, il modo come continuare a rendere la sua missione ancora più incisiva.
Questo vale per tutti noi. Anche noi abbiamo bisogno di un cibo che ci dà forza per proseguire il cammino.
Qual è questo cibo?
È quello affermato da Gesù: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo”.
Quelli che lo ascoltano non ci credono perché egli è il figlio del falegname, è un loro paesano, è uno come loro. Ed infatti dicono: “Costui non è il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: ‘Sono disceso dal cielo’?”.
Se Gesù dice: “Io sono il pane disceso dal cielo”, non è altro che l’invito a nutrirsi di Lui, appunto perché lungo è il cammino. Si tratta del cammino che stiamo compiendo in questa vita per raggiungere la meta di quella definitiva ed eterna. Il pane offerto da Gesù è molto diverso da quello che ha sfamato i loro padri nel deserto.
Questa verità è semplice, ma anche sconvolgente.
Il pane della vita è lui: questo significa che se ci si vuole saziare veramente, guarendo dalla solitudine e dal non senso della vita, ci si deve nutrire di Lui.
Due sono i cibi che ci imbandisce continuamente: la sua Parola, che nutre la nostra sete di verità; il suo Corpo, che nutre la nostra sete di vita e di gioia.
Quante volte anche noi nella vita ci troviamo in situazioni analoghe!
Purtroppo, è sconvolgente vedere come tanti cristiani che, con una superficialità senza pari, rinunciano al nutrimento della Parola e del Pane di vita, soprattutto la domenica.
Come potranno riuscire a superare le difficoltà della vita e camminare spediti verso la meta?
È solo il contatto con Lui, Parola e Pane di vita, che ci darà conforto e coraggio e ci farà capire che è sempre vicino a noi per condivide la nostra esistenza.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello