Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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Assunzione
Testi liturgici: Ap 11, 19; 12, 1-6; 1Cor 15,20-27; Lc 1,39-56
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La prima lettura ci ha presentato, a modo di immagini, due segni.
Il primo è una donna incinta nel travaglio del parto, è vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle.
Il secondo segno è un drago rosso con sette teste e dieci corna che trascina con la sua coda le stelle e le precipita a terra.
Cosa stanno a significare?

Il primo ci fa pensare a Dio. Innanzitutto il parto, esso ci fa pensare al dono della vita che viene solo dal Signore. Anche il sole, la luna e le stelle ci fanno pensare a lui che ha creato e fatto belle e meravigliose tutte le cose.

La seconda, quella del Drago, ci fa pensare al nemico di Dio e degli uomini, ad uno che vuol distruggere quello che è di bello e buono è stato creato, o per lo meno rendere tutto più brutto. Il drago, infatti, sta a rappresentare il diavolo, colui che procura le avversità, le ostilità, le peripezie ambivalenti, le tentazioni che incontriamo ogni giorno. Il tutto per fuorviare e distruggere quello che c’è di bello e di buono.

Ambedue le immagini, pertanto, mettono in evidenza la contrapposizione tra il bene e il male. esse ci fanno pensare alla lotta che viviamo ogni giorno.   

Possiamo e dobbiamo scoraggiarci per questo?

Assolutamente no, perché il Signore è più forte del Drago. Egli è con noi per aiutarci a vincere nella battaglia. Ecco allora un’altra immagine per dirci proprio questo, quella del rifugio preparato nel deserto, dandoci con questo una speranza di salvezza.

In altre parole, si tratta del dono di suo Figlio, nato dalla Vergine Maria. Solo in lui si trova il rifugio di salvezza. Con lui il male non raggiunge la vittoria, proprio come dirà lui stesso: “Le porte degli inferi non prevarranno”.

La seconda riflessione la traiamo da una espressione del vangelo: “Appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo”.

Dobbiamo ammettere che c’è un dato di fatto, quello per cui quando una donna è incinta, quando sente muoversi il suo bambino nel grembo, essa prova una gioia indescrivibile. Dentro di lei si trova in atto un miracolo. Si trova una creatura che prende forma, che cresce e si sviluppa. Tanto più se la mamma fosse sembrata sterile, nel qual caso la gioia è elevata all’ennesima potenza.

Non solo le madri, ma sicuramente anche i bimbi che crescono nel grembo percepiscono la grande felicità delle madri stesse e manifestano la loro gaiezza sussultando.

Questo è avvenuto in Elisabetta. Il fatto ha generato in lei le parole da cui abbiamo tratto la formula dell’Ave Maria: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo”.

Qualcosa di analogo avviene anche in Maria.

Lo Spirito Santo, oltre a farle vivere la gioia della maternità, le fa concepire anche la preghiera, quella del “Magnificat”, quella che è il canto e la lode più bella, quella preghiera che si recita ogni giorno nella celebrazione dei Vespri.

Se facciamo nostra questa preghiera, veramente riusciremo a manifestare, nel migliore dei modi e con le migliori parole, la gioia di avere Dio dalla nostra parte per poter combattere contro il male e uscirne vittoriosi.

Questo, ovviamente, a condizione che noi da soli ci riteniamo incapaci, ma che potremo divenire forti se ci aggrappiamo a lui, se ci fidiamo di lui, proprio come Maria Santissima ha espresso nel magnificat: “Ha guardato l’umiltà della sua serva … grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente … la sua misericordia per coloro che lo temono … ha disperso i superbi … ha rovesciato i potenti … ha innalzato gli umili … ha ricolmati di beni … ha rimandato i ricchi a mani vuote”.

Che veramente Maria rimanga sempre al nostro fianco!

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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