Testi liturgici: Ab 1,2-3;2,2-4; Sl 94; 2Tim 1,6-8.13-14; Lc 17,5-10Per il documento: clicca qui
“Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti … Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione?” – lo abbiamo ascoltato nella prima lettura.
Ed è proprio quello che tante volte diciamo anche noi: “Ho pregato tanto … ma il Signore non mi ha risposto, non ho ottenuto nulla … questo mi fa perdere la fede”.
Però, con quale fede abbiamo pregato? Questo, non è forse il segno che abbiamo pregato proprio senza fede?
Anche nei tempi di cui parla il profeta Abacuc, il popolo viveva nella paura di essere oppresso dal potere del regno babilonese, da cui non si poteva sfuggire, tanto da correre il rischio di diventare loro schiavi, come di fatto avverrà.
Quella volta, quale è stata la risposta del Signore?
Eccola: Soccombe colui “che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”.
Di fatto, poi, dopo un periodo di schiavitù saranno liberati, realizzandosi così la parola del Signore.
Questo vale anche oggi, sia per le nostre personali situazioni di sofferenza, sia per quelle subite a livello di comunità e di mondo.
Si tratta di credere e di attendere nella speranza che avvenga una liberazione.
Abbiamo notato come nel brano evangelico gli apostoli supplicano il Signore: “Accresci in noi la fede!”.
Nessuno di noi dice di non aver fede; ma in quale grado essa si trova?
Espressa così, la domanda è posta malamente. Perché la fede o c’è o non c’è, non vi sono i gradi.
Infatti, se da una parte gli apostoli chiedono di aumentare la loro fede, dall’altra Gesù fa loro capire che non ce l’hanno affatto.
La sua misura, infatti, è quella di essere senza misura.
Per farlo comprendere Gesù la paragona ad un granello di senape, cioè ad un seme che, pur piccolissimo, basterebbe a sradicare un albero forte e potente, fino a strapiantarlo in mare, dove continuerà a vegetare.
In altre parole, è per dire che la fede può realizzare l’impossibile.
Infatti, proprio attraverso a chi vive veramente di fede, il Signore può compiere cose grandi, umanamente imprevedibili.
La risposta la troviamo data dal Signore stesso nella prima lettura: “Scrivi la visione e incidila bene, perché si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non smentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà”.
Applichiamo all’oggi. Alcune profezie dicono che sta per finire il tempo nel quale il diavolo ha avuto il permesso da Dio di scatenarsi nel mondo, seminando i mali di cui tutti siamo vittime, e di cui ne soffriamo in diversi modi e forme.
Anche in questo caso, si tratta di esercitare la nostra fede, la quale si basa sulla certezza che Cristo, con la sua morte e risurrezione, ha già vinto il diavolo. Pertanto, ancora una volta crediamo fermamente alle parole già udite: “Soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede”.
Ovviamente, non siamo noi a risolvere i problemi in prima persona, ma è il Signore. Pur tuttavia a noi è richiesto di fare la nostra parte, anche se siamo piccoli e incapaci, come ci è dato da intendere con la frase finale: “Siamo servi inutili”.
Però, subito dopo, è anche detto: “Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
Pertanto, non possiamo stare con le mani conserte.
Da sottolineare, comunque, che la fede non è una credenza e neppure un insieme di pratiche compiute secondo i nostri criteri o punti di vista, ma è una obbedienza al Signore, perché ci fidiamo totalmente di lui.
Per sapere in che cosa obbedire, è necessario mettersi in ascolto della sua Parola. Infatti, è scritto altrove, la fede viene dall’ascolto.
Solo dall’ascolto della sua Parola proviene la luce per scoprire la sua volontà e la forza di metterla in pratica.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello