Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
itenfrdeptrues
06 LebbrosoTesti liturgici: Lv 13,1-2.45-46; Sl 31; I Cor 10,31-11,1; Mc 1, 40-45
Per il documento: clicca qui
Il lebbroso, rivolgendosi a Gesù, dice: “Se vuoi, puoi purificarmi!” e Gesù che risponde: “Lo voglio, sii purificato!”.
Nella traduzione italiana precedente, invece del termine “purificare”, c’era quello di “guarire”.
In realtà, con “purificare” è tradotto meglio il significato originale della parola.
Per capire il motivo della corretta traduzione, bisogna rifarsi alla situazione di quel tempo e a quanto prescriveva la legge.
Come stavano le cose?
In quel tempo, avere la lebbra, non era solo una malattia fisica.
Chi la contraeva era considerato come un morto vivente; veniva tagliato fuori dalla società, escluso dalla vita di comunità, doveva vivere segregato, fuori del paese e lontano da tutti.
Se qualcuno avesse tentato di avvicinarlo, egli doveva gridare: “Impuro! Impuro!”.
Tale regola è stata descritta dalla prima lettura: “Il lebbroso porterà vesti strappate e il capo coperto; andrà gridando ‘Impuro! Impuro!’. Sarà impuro finché durerà in lui il male; se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento”.
Per quale motivo?
Perché avere la lebbra, sempre secondo la concezione di allora, significava essere maledetti da Dio; per cui, chi ne era colpito, non poteva e non doveva contaminare gli altri.
Ammessa l’ipotesi di una eventuale guarigione, doveva presentarsi al sacerdote per ottenere un attestato: non tanto di guarigione fisica, ma di purificazione dal male interiore contratto a causa della maledizione di Dio; solo così poteva rientrare in rapporto con gli altri.
Che succede nell’episodio di oggi?
Succede che il lebbroso non osserva la legge, in quanto si avvicina a Gesù. E neanche Gesù la osserva, in quanto lo tocca.
Per quale motivo Gesù fa questo?
Perché vede la fede del malato.
Egli, infatti, pensa che solo Dio può guarire sia dalla lebbra e, ancor più, allontanare ogni maledizione. Proprio per tale convinzione non dubita di andare contro la legge.
Quale grande atto di fede ha compiuto!
Gesù, comunque, gli fa osservare la legge che richiedeva l’attestato: “Va, mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto”.
Veniamo a noi. Anche noi siamo infetti dalla lebbra. È quella spirituale: sono i nostri peccati. Abbiamo bisogno di essere perdonati e purificati da essi. Ciò è possibile, a condizione che ci rivolgiamo alla misericordia del Signore.
Ce ne pentiamo? Andiamo dal sacerdote per essere perdonati e purificati? Ogni quanto tempo ci confessiamo?
Il Signore, da parte sua, non segrega mai nessuno, perdona sempre.
Siamo noi, forse e senza forse, che ci segreghiamo sia da Dio che dagli altri.
Infatti, quante persone vivono come se Dio non ci fosse!
Quante situazioni in cui gli altri sono emarginati!
Quante categorie di persone vengono tagliate fuori dal consesso sociale o del tutto ignorate!
Non si tratta solo di stranieri o di extracomunitari, ma anche di anziani, di ammalati, di bisognosi, di poveri!
Come ci comportiamo, noi qui presenti, verso queste persone?
Si tratta di imitare Gesù del quale, davanti al lebbroso, è detto: “Ne ebbe compassione!”.
L’aver compassione, cioè il compatire, non è altro che “patire-con”, cioè immedesimarsi nelle sofferenze dell’altro, condividerle, farle in qualche modo proprie, permettere all’altro di uscire dalla solitudine in cui si trova.
Solo chi è capace di provare vera compassione per la sofferenza, riesce a compiere gesti coraggiosi ed efficaci di carità, superando anche quelle regole e convenzioni, malamente create dalla tradizione e dalla convenienza sociale.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

facebook

"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

Visite agli articoli
3721653

Abbiamo 606 visitatori e nessun utente online