Testi liturgici: Dt 18,15-20; Sl 94; I Cor 7,32-35; Mc 1, 21-28Per il documento: clicca qui
Il brano, ascoltato nella prima lettura di oggi, è eccezionale.
In che senso?
Nel senso che la Parola di Dio acquista nel popolo un fatto “istituzionale”, cosa che, d’ora in poi, non può assolutamente mancare: senza la Parola di Dio, sarebbe un disastro!
Per tale motivo nasce, presso il popolo di Israele, il ruolo dei profeti.
Il profeta è colui che presenta la Parola di Dio nella pura verità, senza annacquarla. Per questo abbiamo ascoltato: “Il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dei, quel profeta dovrà morire”.
In altre parole, tale profeta sarebbe del tutto fuori strada, sarebbe un traditore della propria missione.
Ma c’è anche il rovescio della medaglia: “Se qualcuno non ascolta le parole che il profeta dirà in mio nome, io gliene domanderò conto”.
Noi, a quale categoria apparteniamo?
Siamo profeti veri? Ci presentiamo sinceramente, sia con le parole secondo Dio e sia con il comportamento della vita? Siamo, come si suole dire oggi, veri testimoni?
In secondo luogo, poniamo attenzione e ascoltiamo i veri profeti, che ci parlano a nome di Dio, anche se ci possono sembrare scomodi?
Spieghiamo meglio.
Oggi ci sono molti, troppi “falsi profeti” che dicono parole accomodanti e annacquano il Vangelo; che parlano a nome di altri dèi, quali: il consumismo, una morale laica che non rispetta la libertà religiosa, una tolleranza tale che rende tutto lecito, giustificandosi con il detto: “ormai tutti si comportano così!”.
Spesse volte, pure noi ascoltiamo questi falsi profeti. Essi, infatti, ci alleggeriscono, ci presentano più facile praticare quello che dicono. Però, dovremmo saperlo, non sono mandati da Dio.
Dovremmo, invece, porre più attenzione per scoprire, per ascoltare e per ringraziare i veri profeti.
Essi, infatti, annunciano la Parola di Dio. L’annunciano con l’intento di risvegliarci dal torpore e dalle cattive abitudini. Per questo diventano scomodi e pagano di persona il loro coraggio e la loro coerenza.
Anche il Vangelo parla di profeti, ma fa un salto di qualità. Ci presenta il profeta per eccellenza che è il Signore Gesù. Egli, infatti, è la Parola del Padre incarnata.
Di lui abbiamo ascoltato: “Erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava come uno che ha autorità, e non come gli scribi”.
Quello che colpiva, non era soltanto il contenuto della predicazione, ma anche il modo con cui essa veniva fatta.
Con autorità, in questo contesto, significa “con autorevolezza”: cosa che proviene non dal ruolo del comando che uno possa avere o meno, ma dalla convinzione che regna nella mente e da quella che sboccia nella coerenza di vita.
L’insegnamento convinto e vissuto della verità, infatti, ha una forza che si impone anche quando è trasmessa con semplicità e povertà di mezzi o da persone poco considerate, perché essa brilla per se stessa e non ha bisogno di essere abbellita dalle nostre parole e dai nostri ruoli.
Quanti genitori, quanti sacerdoti, quanti educatori di giovani, quanti legislatori, purtroppo, non incidono sugli educandi e sulla società, proprio per tale motivo: credono di poter dire tutto perché comandano, ma, in realtà, non convincono nessuno.
Se vogliamo essere testimoni di Gesù Cristo, dobbiamo solo ricordarci di una cosa: quella, cioè, della forza e della bellezza di ciò in cui crediamo e non tanto di preoccuparci di fare colpo e di piacere alla gente.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello