Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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02 SamueleTesti liturgici: I Sam 3,3-10.19; Sl 39; I Cor 6,13-15.17-20; Gv 1, 35-42
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Chi di noi non ha chiamato il Signore per invocare il suo aiuto?
Quante volte ci è sembrato di sperimentare la sua sordità ed il suo non intervento?
Al contrario, quante volte anche il Signore ha chiamato noi, per chiederci di fare la sua volontà, e questo a solo nostro esclusivo vantaggio?
Quante volte noi, volutamente o per semplice distrazione e superficialità, non abbiamo risposto e non ci siamo impegnati?
La prima lettura ci ha presentato il caso analogo di due persone che, almeno in un primo momento, non hanno compreso la parola del Signore: Eli e Samuele.
Chi sono?
Samuele è un giovane che si trova nel tempio a servizio del Signore, sotto la guida di Eli. Il testo biblico, in un versetto precedente, aveva detto che: “La parola del Signore era rara in quei giorni e le visioni non erano frequenti”.
Per quale motivo, riferendoci a loro, il Signore parlava poco?
Il primo motivo è da vedersi nel fatto che Eli si era piuttosto allontanato dal Signore e, quindi, non più in piena sintonia con Lui: il Signore avrebbe parlato inutilmente.
Il secondo motivo, se ci riferiamo a Samuele, è da vedersi nel fatto che è un ragazzo e, quindi, inesperto; tanto più che, almeno in un primo tempo, non è neppure aiutato da Eli.
Però, c’è un fatto positivo in Samuele: è un ragazzo retto, possiede buona volontà, ha un animo aperto e docile a Dio.
In forza di queste sue virtù, è pronto a tutto; tanto è vero, che per ben tre volte, manifesta la sua prontezza con le parole: “Mi hai chiamato, eccomi!”.
Per confermare tale prontezza e disponibilità, il testo conclude: “Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole”.
Applichiamo a noi.
Quando il Signore ci parla, come ci comportiamo, cosa ci succede?
Succede che spesso non lo ascoltiamo o, per lo meno, non ce ne rendiamo conto.
Eppure il Signore ci parla in tante maniere. Non solo quando ascoltiamo direttamente la sua parola, ma anche con tanti fatti che capitano nella vita nostra o negli eventi del mondo. Purtroppo, noi non ce ne rendiamo conto perché presi soprattutto da interessi personali terreni, o, almeno per alcuni, per paura di dover cambiare vita, o pesando di doverci impegnare troppo.
Osserviamo gli apostoli, di cui ci ha parlato il Vangelo.
Dobbiamo ammirare il loro interesse e la prontezza nel seguire Gesù.
Apparentemente, è’ stato un incontro normale e senza niente di straordinario, ma che, in realtà, ha cambiato la loro vita in maniera così radicale tanto che, da quel giorno, non saranno più gli stessi.
Addirittura, ad uno di essi, Gesù cambia perfino il nome.
Anche questo gesto, apparentemente privo di importanza, ha, invece, un significato profondissimo: nel nome di una persona, infatti, si considera racchiuso il suo destino e la missione da compiere nella vita.
Simone, da quel momento, si chiama “Cefa”, cioè “Pietra”.
Con questo Gesù gli dona una missione nuova: non più pescatore di pesci, ma di uomini
Il fatto del nome, in certi casi, avviene anche oggi. Pensate al Sommo Pontefice, che, al momento della elezione, cambia nome. Anche per alcuni ordini e congregazione di vita consacrata, nel giorno della professione, viene aggiunto un altro nome.
E per noi, non ha la stesso significato e la stessa funzione il nome imposto e ricevuto nel giorno del Battesimo?
Tanto è vero che, a volte, è perfino diverso da quello civile!
Nella vita di ogni giorno, il Signore non ci dice di cambiare nome, ma sempre ci chiede di cambiare vita.
Perché, a volte, siamo restii al cambiamento?
Forse perché pensiamo che, se facciamo la volontà del Signore, perdiamo la nostra libertà?
È tutto il contrario. Solo con il Signore acquistiamo la vera libertà, e raggiungiamo la vera gioia!
Sac. Cesare Ferri, rettore del Santuario di San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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