Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
9 dicembre 2025 * S. Siro vescovo
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NativitaTesti liturgici: Sir 24,1-4.12-16; Sl 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1, 1-18
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Abbiamo ascoltato all’inizio della prima lettura: “La Sapienza fa il proprio elogio”.
La Sapienza è una cosa o una persona? Si acquista con lo studio oppure no? È una cosa astratta o è qualcosa di personificato?
Non è una cosa e non è una nostra conquista, ma è una persona, definita anche con il vocabolo “Verbo”.
Si tratta del Figlio di Dio. E’ una persona, pertanto, esistente dall’eternità e che, nella pienezza dei tempi, si è incarnata.
Abbiamo ascoltato, infatti, come il creatore dell’universo gli abbia detto: “Fissa la tenda in Giacobbe e prendi in eredità Israele, affonda le tue radici tra i miei eletti”.
Questa persona, appunto, è Gesù Cristo; è colui che abbiamo particolarmente celebrato a Natale e continuiamo a celebrarlo in tutto l’anno liturgico.
Lo abbiamo sottolineato cantando nel salmo responsoriale: “Il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”.
Per lo stesso motivo, oggi, abbiamo riascoltato il brano evangelico letto nella Messa del giorno di Natale.
Ciò premesso, diciamo subito che vi è un legame stretto tra la personificazione della Sapienza e il popolo di Israele; tra Gesù Cristo e il popolo cristiano; però, con una differenza.
Dove sta la differenza?
Il popolo di Israele aveva un rapporto del tutto particolare con il Signore. Proveniva dal fatto che da lui aveva ricevuto la sapienza attraverso il dono della legge, consegnata sul monte Sinai.
Tale dono rendeva il popolo di Israele diverso dagli altri popoli e, per certi versi, privilegiato.
Ma con la venuta del suo Figlio incarnato, lui che è la vera sapienza, tale privilegio non è più riservato a un solo popolo, ma è donata a tutti gli uomini di buona volontà.
È stato sottolineato dal vangelo; ci ha detto espressamente che, con la nascita di Gesù, è venuta al mondo la luce vera, la sapienza vera.
Purtroppo, continua, il mondo non ha riconosciuto tale persona. Anche questo ce lo ha detto chiaramente: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo… Eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne tra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto”.
A chi si riferisce l’Evangelista quando parla di mondo?
Si tratta di quegli uomini che, più o meno consapevolmente, si chiudono alla presenza e alla grazia portata da Gesù. In altre parole, sono coloro che non vivono da veri cristiani.
Noi apparteniamo a Gesù o al mondo?
Accogliere Gesù significa entrare in relazione con lui; si tratta di non perdere gli appuntamenti con lui che ci aiutano a rimanere nella sua relazione: almeno con un poco di preghiera quotidiana e con l’incontro assiduo settimanale della domenica.
Solo così siamo in grado di ricevere quella benedizione di Dio, come ci è stata descritta all’inizio della seconda lettura: “Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo”.
Abbiamo notato bene?
Noi benediciamo lui, rimanendo in sua relazione; lui benedice noi sostenendoci sempre.
Pertanto, facciamo nostra la preghiera augurale, ascoltata alla fine della medesima seconda lettura: “Il Padre della gloria vi dia uno spirito di sapienza per una profonda conoscenza di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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