Testi liturgici: Gen 15,1-6.21,1-3; Sl 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40Per il documento: clicca qui
Subito dopo il Natale del Signore, la liturgia ci porta a Nazaret per farci incontrare questa singolare famiglia.
Perché subito dopo il Natale?
Per sottolineare che Gesù, anche se Figlio di Dio, ha avuto bisogno di una famiglia, ossia di un ambiente in cui essere circondato dall’affetto e dalle premure dei proprio cari.
Anche se nei Vangeli si dà poco spazio alla vita familiare di Gesù e si riportano solo alcuni episodi, questo significa che la sua vita nascosta a Nazaret è segnata dalla normalità: non ci sono miracoli o guarigioni, non sono riportate predicazioni, non si vedono folle che accorrono; tutto è vissuto “normalmente”, secondo gli usi del tempo.
Se Gesù è vissuto normalmente in famiglia, il fatto vuol insegnarci che la salvezza non richiede nulla di straordinario ma solo di vivere bene la vita ordinaria di ogni giorno.
Proprio questo vivere bene la vita ordinaria, però, diventa un fatto straordinario, in quanto sono pochi quelli che la vivono bene.
Per viverla bene è necessario farsi condurre sempre illuminati dalla fede.
Ecco perché le letture di oggi ci presentano persone eroiche nella fede, a cominciare da Abramo, definito “nostro padre nella fede”.
La lettera agli Ebrei ce lo descrive, direi, meticolosamente: “Per fede Abramo obbedì e partì senza sapere dove andava… Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco… Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, poté diventare madre…”.
Credere a Dio è tutt’altro che facile, soprattutto in certi momenti e in certi contesti.
Come poteva Abramo credere al: “Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci…: così sarà la tua discendenza”, se di fatto non poteva ormai più minimamente avere figli?
Come poteva continuare a credere, quando, dopo aver avuto il figlio Isacco, Dio gli chiede di sacrificarlo? Non sembra assurdo questo comportamento di Dio?
Eppure Abramo si rende conto che nell’assurdità di Dio vi è molta più luce che nei ragionamenti degli uomini, per quanto essi possano sembrare sensati.
La fede è proprio qui: vedere chiaramente, pur in mezzo ad un buio pesto.
È necessario avere il coraggio di andare al di là di ciò che è evidente secondo la logica umana, per accogliere una logica assai diversa e molto più alta.
In quante situazioni analoghe, inspiegabili, contraddittorie potremmo trovarci anche noi!
Dobbiamo perdere la fiducia nell’amore di Dio e nel suo aiuto?
Quello che Dio compie, va accolto in un silenzio adorante e pieno d’amore: solo così si crea nel proprio cuore quella disponibilità che poi rende “possibile l’impossibile”.
Non lasciamoci condizionare da ciò che si vede o che si prova, ma continuiamo a credere e fidarci di Lui. Non per nulla abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: “Il Signore è fedele al suo patto”.
Altro esempio di fede è Simeone, come ci ha presentato il Vangelo.
Egli ha fiducia nelle parole di Dio che hanno promesso la venuta del Salvatore. Alla fiducia egli aggiunge la capacità di attendere con pazienza.
Come è importante aspettare il momento che Dio ha stabilito!
Simeone ha atteso e, finalmente, arriva il giorno dell’incontro.
Quello che a noi manca, spesse volte, è proprio questa pazienza di saper attendere. Non dovremmo dimenticare quello che il Signore, in altra circostanza, dice: “Un giorno è come mille anni; mille anni sono come un giorno”.
Una cosa è certa: se c’è l’attesa fiduciosa e paziente di un qualche intervento di Dio nella nostra vita, siamone certi, egli non delude mai!
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello