Omelia delle domeniche e feste Anno B
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
26 marzo 2025 * S. Felice vescovo
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30 Bartimeo
Testi liturgici: Ger 31,7-9; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52
Per il documento: clicca qui
Nelle domeniche scorse abbiamo incontrato Gesù che informava gli apostoli dicendo loro: “Ecco, stiamo salendo a Gerusalemme, dove il Figlio dell’uomo sarà crocifisso”.
Nel brano di oggi siamo nell’ultimo pezzo di strada che, partendo da Gerico, porta a Gerusalemme. Lungo questa strada, dove passavano tanti pellegrini, il cieco Bartimeo li attendeva ai margini della strada stessa per chiedere l’elemosina.
A Gesù quale elemosina poteva chiedere?
Avendo sentito parlare dei prodigi che faceva, cosa di più e di meglio che chiedere di riacquistare la vista?
Per questo grida forte: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”.

In questo grido è da notare bene che, se da una parte è fisicamente cieco, dall’altra, sotto il profilo della fede, ci vede benissimo.

Infatti, abbiamo ascoltato la risposta di Gesù: “Va’, la tua fede ti ha salvato”.

La sua cecità, vista in questa ottica, per lui non è stata solo una malattia, ma pure un mezzo per poter arrivare alla fede.

Quanti di noi dovremmo imparare a dire “grazie” anche per malattie o altro che ci hanno aiutato a scoprire e crescere nella fede!

Ad esempio, quanta gente ammalata che va a Lourdes, tornando dice: “Non ho pregato per la mia guarigione, ma per quella degli altri. A me, in questa esperienza, è bastato capire quanto Dio mi vuole bene!”.

Questo ci insegna pure che dovremmo imparare a conoscere quale sia la nostra cecità  interiore, cioè quella cecità che tocca il nostro rapporto con Dio e con il prossimo.

Purtroppo, lo dobbiamo riconoscere, spesso siamo ciechi proprio dentro di noi!

Tornando all’episodio evangelico, cosa potrebbe insegnarci il fatto?

Scorrendo le pagine evangeliche è facile riscontrare che molti personaggi si avvicinano a Gesù in modi diversi e per motivi diversi.

Il personaggio di oggi, come abbiamo già detto, si avvicina a Gesù urlando.

Invece la donna che soffriva da tanto tempo di perdite di sangue cerca soltanto di toccargli di nascosto il lembo del mantello.

La donna peccatrice entra nella casa del fariseo che aveva invitato Gesù a pranzo, gli bagna i piedi di lacrime e li asciuga con i capelli, oltre che a profumarli con un’essenza preziosissima.

Zaccheo, a sua volta, sale sull’albero per vedere Gesù ed invece è Gesù che vede lui, autoinvitandosi a casa sua per pranzare.

La donna samaritana non si sogna minimamente di incontrare Gesù ed è Gesù che la provoca chiedendole da bere.

Insomma, Gesù cerca sempre tutti, accoglie sempre tutti, in qualunque modo e tempo in cui si avvicinano. Ebbene, altrettanto dovremmo fare noi.

Di fatto come ci avviciniamo o come accogliamo gli altri?

Si tratta di non fare eccessive prediche, tanto meno di giudicarli per quello che sono, o per la fama piuttosto brutta che hanno davanti all’opinione pubblica.

In altre parole, si tratta  di vedere tutti alla maniera con la quale li vede Gesù.

In altre parole, sono sempre un fratello o una sorella da amare.

È per questo motivo che si tratta sempre di accoglierli nei loro sfoghi, ascoltandoli con pazienza, di interessarci ai loro problemi, e soprattutto di portarli nel nostro cuore con la preghiera.

Solo questo ci fa condividere un poco della loro vita ed è un grande gesto di amore.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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