
Testi liturgici: Dt 4,1-2.6-8; Gc 1,17-18.22-27; Mc 7,1-8.14-15.21-23
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Facciamo due riflessioni. La prima è tratta dal brano evangelico.
In esso prendiamo in considerazione la domanda che i farisei rivolgono a Gesù: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?”.
Gesù risponde, facendo sua l’espressione di Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Cosa vuol intendere con questa risposta? Riferita a noi, cosa ha da dirci e come metterlo in pratica?
Nulla da dire sul non doversi mettere a tavola con mani sporche; certamente bisogna andarle a lavare. Se però sono pulite, non è necessario lavarle e nessuno può obbligarci a farlo.
Invece nel campo religioso e di fede diventa facile trovarsi in simile rischio. Esso consiste nel perdere di vista l’essenziale, cioè quello che Dio comanda, e dare più importanza a cose che ne hanno di meno, in quanto sono norme umane e transitorie.
Questo comportamento si riflette su tanti aspetti della nostra fede. Accenno solo ad uno di essi, per il fatto che è quanto mai attuale, cosa che si è creata a causa della pandemia.
Per alcune persone, ad esempio, all’atto di ricevere la Santa Comunione, sembra che la prima cosa importante sia quella di purificarsi le mani. Non voglio entrare in polemiche e neppure creare malintesi su tale argomento, però mi permetto formulare una domanda.
Chi è il nostro primo e vero purificatore e guaritore, non è forse Gesù, quel Gesù che stiamo ricevendo?
Pur volendo dare importanza al gesto umano, anche se molto relativo, infinitamente di più ne merita l’altro, solo attraverso il quale si testimonia la nostra fede.
In quel momento è Gesù il nostro purificatore e guaritore, egli supera infinitamente qualsiasi altro intervento umano. Crediamo più a lui o alle nostre invenzioni?
Ebbene, Gesù denuncia anche tale tipo di comportamento che ci porta a sembrare bravi davanti agli altri, in quanto osservanti delle regole, ma che di fatto potrebbe diventare una offesa a lui, perché dimostriamo di non credere pienamente alla sua potenza guaritrice.
Quello che viene da Dio non può contaminarci, tutt’altro. Invece è quello che parte in maniera distorta dal nostro cuore a contaminarci. lo abbiamo ascoltato come Gesù lo ha detto in maniera molto chiara.
Una seconda riflessione che prendiamo dalla prima lettura.
Mosè, dopo aver insegnato quello che chiede il Signore nei comandamenti, dice: “Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla”.
Nella nostra vita, cosa è più facile: togliere o aggiungere?
Mi pare che per la buona parte sia più facile togliere, nel senso di non osservare affatto o ben poco la legge di Dio; dall’altra parte, invece, alcuni potrebbero anche aggiungervi qualcosa.
In che senso possono aggiungere?
Nel senso di accomodarla, quando non piace, secondo il proprio punto di vista, riducendone la sua piena verità e la sua prorompente forza.
In tal caso non è più comandamento di Dio ma diventa precetto umano, proprio come ha inteso dire Gesù rispondendo ai farisei.
Cosa si intende per precetto umano?
E’ precetto umano quando il fatto non entra nella logica dell’amore, nel quale sono inclusi tutti i comandamenti: “Ama il Signore con tutto il cuore e ama il prossimo tuo come te stesso”.
E Gesù a sua volta: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”.
Di certo non è facile amare con la perfezione con cui ci ha amato e ci ama Gesù. L’importante è che noi cerchiamo di metterlo in pratica, con tutta la buona volontà, diventando solo così testimoni della nostra fede.
È proprio questo il tipo di fede che può raggiunge gli altri, come espresso dal Deuteronomio: “Osserverete i comandi del Signore, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello