
Testi liturgici: Es 20,1-17; I Cor 1,22-25; Gv 2,13-25
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Nel brano evangelico abbiamo visto Gesù in piena azione, un Gesù che fa “pulizia” nel tempio, e lo fa anche in maniera piuttosto energica. Ha messo in pratica il versetto di un salmo: “Lo zelo per la tua casa mi divora”.
Perché fa questo?
Perché nota chiaramente che il tempio non sta compiendo la sua funzione e la sua missione.
Il tempio doveva essere il centro di tutta la fede e di tutta la vita religiosa dei giudei; doveva essere il luogo dell’assemblea ove essi si riunivano per incontrare e lodare il Signore Dio.
Purtroppo, in quel momento questo non veniva affatto osservato. Gesù non vi trova gente che prega ma un grande traffico, vi trova gente che vende animali, gente che offre e scambia soldi. Con questo, non è più il luogo ove trovare la presenza di Dio, ma diventa solo luogo di mercato.
A parte questo, il gesto di Gesù comunque assume anche un altro significato, molto importante.
In cosa consiste?
Egli vuol insegnarci che Dio non va cercato nell’edificio di mattoni, ma va cercato in Gesù stesso, perché è lui il nuovo tempio voluto dal Padre; i sacrifici degli animali che vi si offrivano sono superati perché è Gesù il vero Agnello immolato che dobbiamo offrire al Padre, è lui il nuovo tempio nel quale il Padre vuole riunire i suoi figli.
L’azione compiuta da Gesù inizialmente appare in contrasto con il suo stile di mitezza ed umiltà, però è un gesto che ha un valore profetico. Egli voleva parlare del Tempio del suo corpo che morirà ma che risorgerà il terzo giorno.
Ed ecco la sua espressione: “Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo farò risorgere”.
Applicando a noi nell’oggi, Gesù cosa ci invita a fare?
Egli vuol trasmetterci il desiderio di tenerlo presente nella vita di ogni giorno. Per di più nella domenica e nei giorni festivi, egli ci chiama a riunirci nelle nostre chiese per poterlo meglio incontrare; una volta incontrato, poter vivere meglio la nostra quotidianità, come l’ha vissuta lui.
È attraverso questo incontro che troviamo luce, energia e forza per riuscire a vivere più serenamente le nostre giornate.
Ed ora, anche un pensiero sulla prima lettura. È iniziata con queste parole: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile”.
Se nella nostra vita non vogliamo cadere in una condizione servile, cioè nella schiavitù del peccato ma rimanere veramente liberi, il Signore ci indica i mezzi per rimanere tali, si tratta di osservare i suoi comandamenti. Come abbiamo ascoltato, ne ha fatto anche una elencazione. In essa è ben distinto quello che è da fare e quello che è da sfuggire.
Qualcuno potrebbe dire che con questo non pare che sia rispettata la nostra libertà.
No! La libertà rimane, perché possiamo rifiutare di osservarli, ma con la brutta conseguenza a nostro danno, quella di perdere la vera libertà diventare e divenire schiavi del peccato.
Pertanto dobbiamo ringraziare il Signore che ci dona i comandamenti. Essi sono veramente per il nostro vero bene.
Se vogliamo fare un’analogia, pensiamo al codice stradale che si manifesta attraverso la segnaletica. Ci dice, ad esempio: “rallenta, fai attenzione alla curva pericolosa, dai la precedenza, non passare qui perché è senso unico”, e così via; inoltre ci indica pure la direzione da prendere per arrivare alla meta che ci siamo prefissati.
Tutti questi divieti, obblighi e indicazioni, non sono un bene per noi?
Sono i mezzi che ci aiutano a salvare la vita, a non arrecare danno ad altri, ci aiutano ad arrivare più sicuri alla meta, pur lasciandoci nella libertà di ascoltarli ed eseguirli.
Se non li osserviamo cadiamo nel rischio di perdere la libertà, non potendo più arrivare incolumi alla meta prefissata.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello