
Testi liturgici: Nm 6, 22-27; Gal 4, 4-7; Lc 2, 16-21
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La prima lettura ci ha parlato di “benedizione”, cioè di un “dire bene” di qualcuno. In questo caso è il Signore a dire bene di noi: “Ti benedica il Signore e ti custodisca”.
Non solo dice bene di noi ma nel contempo ci è anche vicino per sostenerci sempre e comunque.
Ci auguriamo che questo avvenga per tutto l’anno appena iniziato, visto che quello trascorso è stato veramente difficile e pesante, sconvolgendo in qualche modo tutta la nostra vita.
Comunque sia e nonostante questo, il Signore certamente continua a benedirci, sostenendoci in ogni difficoltà, sofferenza, malattia, preoccupazione.
Se qualche volta soccombiamo nelle varie prove, questo non avviene per la non curanza del Signore, ma perché non gli apriamo il cuore e la vita in maniera sufficiente, perché non ci fidiamo pienamente di lui, perché non permettiamo a lui di intervenire, e questo deve farci riflettere.
Infatti, sappiamo bene come nell’anno trascorso troppa gente ha gridato: “Andrà tutto bene!”.
Ma con quale significato e con quale valenza è stato detto?
Se l’espressione è stata limitata solo sulle proprie capacità, avrebbe avuto un sapore piuttosto banale e falso. Come potrà andar bene se escludiamo il Signore?
Purtroppo, è quello che sta avvenendo. Di fatto non è più Dio a guidare la storia, ma vogliamo esserlo noi sostituendoci a lui, fidandoci dei nostri mezzi e delle nostre capacità. Del resto, non è stata questa la ribellione del diavolo? Ma essa ha creato l’inferno!
Non è stato questo il peccato di Adamo e di Eva? Ma per esso hanno perduto il paradiso terrestre!
E noi oggi vogliamo ripetere lo stesso comportamento per subire analoghe conseguenze?
In concreto, si tratta di ritornare ad avere più fede ed a vivere con maggiore speranza. Se vivremo in questa fede e speranza, pur rimanendo in mezzo alle sofferenze, un giorno potremo anche renderci conto di come il Signore ci ha condotto al meglio, anche in mezzo a mille contraddizioni.
Per riuscire in questo c’è una persona che ci è quanto mai accanto ed è Maria Santissima, la madre di Dio stesso. Quante raccomandazioni essa ci fa nelle sue apparizioni, dicendoci di ritornare al Signore e di pregare!
San Paolo ci ha detto che essa ha cominciato ad operare nella “pienezza dei tempi”, cioè al momento giusto. Se per lei tale momento è stato duemila anni or sono, per noi è quello dell’oggi.
Per riuscire nei buoni propositi e per ottenere efficacemente la benedizione del Signore, dobbiamo imparare dal comportamento dei pastori, ed ancor prima da quello di Maria Santissima.
Nei pastori c’è una situazione di grande fermento e di grande emozione, non riescono a tacere, devono raccontare tutto, creando anche negli ascoltatori qualcosa di analogo: “Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori”.
Infatti, nei pastori troviamo una serie di comportamenti. Essi vanno, trovano, vedono, riferiscono; poi, anche se tornano al loro mestiere, non possono non glorificare e lodare Dio.
In Maria, invece, avviene il contrario, essa non parla. Lo abbiamo ascoltato: “Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
Anche noi, di fronte a tutto quello che ci capita, dovremmo imparare a far più silenzio, cioè a meditare di più per riuscire a comprendere quello che il Signore vuol dirci attraverso le varie vicende, a volte belle, ma spesso anche molto dolorose.
Comunque sia, tutto quello che ci sta capitando è per farci riflettere che dobbiamo convertirci e tornare più vicini al Signore.
Solo dopo aver compreso e vissuto questo, possiamo e dobbiamo assomigliare ai pastori. Questo vuol dire che non possiamo tenere l’esperienza per noi, ma dobbiamo lodare il Signore e invitare gli altri a fare altrettanto riconoscendo il gran bene che ci vuole nel donarci la sua efficace benedizione.
Sac. Cesare Ferri Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello