Riflessioni di don Ferri in ritiri
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
15 dicembre 2025 * S. Ireneo martire
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La invidiaRiflessione tenuta dal rettore alle famiglie riunite in ritiro il giorno 12 marzo 2017 presso il Santuario San Giuseppe in Spicello di San Giorgio di Pesaro.
L'amore non è invidioso

(Testo di riferimento Mt 20,1.16)
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Introduzione

Invidia o emulazione? Dove sta la differenza? Si potrebbe trasformare l’invidia (cosa cattiva) nell’atteggiamento analogo, quello della emulazione (cosa buona)?
Lo diremo, prima di concludere. Intanto diciamo che l’invidia, come insegna il catechismo della Chiesa Cattolica, fa parte dei sette vizi capitali.
Anche questo vizio, come altri, pone le sue radici in quello della superbia e dell’orgoglio, che sta a fondamento di tutti i vizi. La superbia opera sempre effetti negativi, sia sulla singola persona, sia sulla coppia e sulla famiglia, sia anche tra le persone che compiono lo stesso cammino di fede.

Per l’argomento che stiamo trattando, il superbo non sopporta che altri possano avere qualcosa in più di lui. Gli fa stizza quando riescono meglio nelle iniziative, quando acquistano la stima degli altri. È proprio questa l’invidia.
Etimologicamente la parola “invidia” deriva dal latino e significa la “incapacità di vedere”. O meglio, si vedono gli altri in maniera distorta, fino a desiderare di non volerli più vedere perché disturbano. In questa situazione, si arriva perfino a vedere distorto Dio stesso, come abbiamo ascoltato nella parabola: “Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
I sintomi e la dinamica dell’invidia
Quali sono i sintomi che consentono di riconoscere se siamo dominati dall’invidia? Innanzitutto, leggiamo quello che dice l’Amoris laetitia, al n. 95: “Nell’amore non c’è posto per …ecc.”.
Ora sviluppiamo l’argomento anche con altre riflessioni.
L'invidioso, a volte, preferisce restare nel nascondimento. La persona che è dominata dall’invidia, difficilmente manifesta gradimento o ammirazione per le qualità della persona presa di mira. Preferisce non parlarne ed ignorarla davanti agli altri.
Ma, spesso, c’è anche il comportamento opposto. L’invidioso parla male dell’altro, spesso in privato e, a volte, anche in pubblico.
A tale scopo, non solo mette in atto la maldicenza, ma arriva perfino a trovare e propagare calunnie. Il tutto per offuscare le qualità del concorrente, facendolo sembrare meno dotato, meno capace, non all'altezza del compito che sta svolgendo.
Facendo così, l’invidioso pensa che si possano valorizzare le proprie qualità. Povero illuso! Prima o poi, la verità viene a galla.
Altro sintomo dell'invidia sta nel fatto di provare sentimenti di felicità per i fallimenti o le difficoltà dell’altro e, viceversa, ira o tristezza per il suo successo.
Vi nasce anche una notevole curiosità verso tutto ciò che riguarda la persona presa di mira; si cercano tutte le informazioni possibili per trovare elementi di denigrazione, allo scopo di abbassare le sue qualità. Una volta demolita, diventa più facile disinnescare la sofferenza dell'invidia.
L’invidia nella coppia come tale e come proiettata all’esterno
Può esserci invidia anche nell’ambito della coppia?
Certamente! Vediamone la dinamica.
L'invidia potrebbe coinvolgere solo uno dei coniugi. Nel tal caso, può avere due direzioni distinte: l’una verso le persone e le coppie esterne, l’altra verso il proprio coniuge.
In ogni caso, tale invidia finisce per divenire un tarlo che corrode la vita della persona che ne è colpita, non consentendole di far gustare le persone che ha, quali il coniuge, i figli, la famiglia. Il suo vivere diviene un continuo confronto con le persone invidiate, tanto da renderlo insoddisfatto di tutto.
Se invece colpisce la coppia in quanto tale, allora è evidente che i due non sono a conoscenza, o non considerano abbastanza, il valore che hanno ricevuto con il sacramento del matrimonio che, cioè, sono divenute una “comunità di vita e di amore”, resi tali dal Signore. Egli non fa mancare loro ogni grazia che permetta di vivere nella piena gioia il matrimonio stesso.
Rincorrono pseudo tesori. Guardano la casa, la macchina, i soldi, i viaggi, l'aspetto fisico di altri; dicono: “se avessimo, se fossimo, se andassimo…”, senza rendersi conto che già posseggono il grande tesoro, purtroppo nascosto.
Ammesso pure che svolgano buone iniziative di coppia, magari anche in parrocchia come operatoti pastorali, ma trascurano la cosa più importante, vanno fuori strada.
La cosa importante è che non perdano la consapevolezza di ciò che sono divenuti con il sacramento del matrimonio. Di due “io” sono divenuti un “noi”. La cosa più importante, allora, è curare la relazione di coppia.
La coppia, grazie al sacramento e per come insegna la Chiesa, è chiamata a riflettere su alcuni aspetti che credo opportuno richiamare.
“È cellula viva e vitale, con carismi e ministeri propri, per un annuncio specifico del vangelo che salva” (Evangelizzazione e sacramento del matrimonio 108).
“E’ chiamata a custodire, rivelare e comunicare l'amore, in quanto riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa” (Familiaris Consortio 17).
“È un noi che partecipa e attualizza l'amore sponsale di Gesù per la Chiesa” (Don Renzo Bonetti “Famiglia, sorgente di comunione” pag. 37).
“È il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce; sono l'uno per l'altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende partecipi. Di questo evento di salvezza il matrimonio, come ogni altro sacramento, è memoriale, attualizzazione e profezia” (Familiaris Consortio 13).
Oltre a quella citata, c'è un’altra invidia molto pericolosa che è relativa alle qualità di altre coppie, in quanto tali.
Questo fatto si verifica quando la bellezza di vita di altri due sposi non è più vista come sereno stimolo, esempio, modello da imitare, ma come elemento di fastidio, di irritazione; di conseguenza diviene obbiettivo di invidia; nasce il desiderio di vederla in difficoltà e si ha soddisfazione nel sapere che anche questi stanno vivendo dei problemi.
Magari queste coppie si frequentano pure, ma poi nelle conversazioni private sono demolite ed emarginate. Di questo passo la coppia, invece di essere dono di comunione per la Chiesa e per la società, finisce per essere causa di divisione e di emarginazione.
Come si manifestano le anomalie
Si verifica un’ansia eccessiva per l’incapacità di vivere all'altezza di ciò che si vorrebbe essere.
Si vive una continua tensione per conoscere e screditare l'operato delle persone che costituiscono un fastidioso elemento di confronto.
Nascono inconvenienti a carico della sfera sessuale in seno alla coppia stessa, perché la persona che ha bassa considerazione di sé, non si percepisce come dono per l'altro, e quindi non riesce a darsi compiutamente al consorte.
Se poi l'invidiato è il coniuge, avrà difficoltà a vivere in sintonia con lui. La comprensione finisce, il noi di coppia si sfilaccia, si creano delle distanze tali che minano sempre più profondamente l’armonia della vita coniugale.
Un'altra modalità di invidia anomala, molto sottile e nascosta, è quella in cui lui o lei sovrastima la moglie o il marito di altra coppia. “Se avessi per moglie la mia vicina di casa! … Se avessi per marito quello della mia amica!”.
Si tratta di invidiare aspetti del maschile e del femminile che sembrano assenti nel proprio coniuge, con la conseguenza che esso verrà sempre denigrato.
Ancora un'altra forma di invidia. È quando un marito o una moglie entra in concorrenza con il coniuge dello stesso sesso di altra coppia che, per doti e qualità lo svilisce, lo espone a un confronto attuato dal proprio coniuge: “Vedi il marito della tale come sa cucinare? Tu non sai cuocere neppure un uovo!”.
Ed espressioni analoghe.
Come prevenire e curare il vizio dell’invidia
Proprio su questo fronte, che umanamente sembra insuperabile, ci viene incontro la fede. Essa ci apre una grande prospettiva.
L'invidia è propria di chi non si sente più amato da Dio, di chi crede di dover portare avanti la vita da solo, di chi non ha punti di appoggio, di chi confida solo in se stesso.
Non c'è alcun guadagno ad essere invidiosi. Infatti, l'invidia rovina la vita. È l'unico vizio che non dà piacere e non porta alcun guadagno.
Bisogna imparare a concentrare l'attenzione sulle cose belle che si hanno, e soprattutto sulle quelle più importanti, quali l'amore e il “noi” di coppia.
Imparare a confrontarsi con chi non ha, o ha meno di noi. Purtroppo, l'invidia ci spinge a guardare sempre a coloro che hanno di più.
Riconoscere l'essenziale della vita che, al contrario dell'invidia, conduce a coltivare il senso della sobrietà, facendoci evitare il perdere tempo, energia e affetti per ciò che non è necessario.
L'invidia muore quando muoiono le altre passioni di cui essa si nutre. Quando non saremo più attaccati ai piaceri, ai soldi, alle comodità, allora diminuirà anche l'invidia.
Trasformare l’invidia in emulazione
C'è anche una “invidia buona”, una “santa invidia”, una “invidia al positivo”. Essa ci porta ad uscire da noi, apprezzando tutto quello che riscontriamo di buono, da qualunque parte esso venga.
Veramente dobbiamo imparare a scoprire il buono nascosto che c'è in ogni persona, a saper vedere sempre il bene da chiunque venga fatto ed esserne felici.
Si riesce se ci facciamo illuminare ed aiutare da uno sguardo di fede.
Si tratta di guardare se stesso e gli altri con gli occhi innamorati del Signore; si tratta di riflettere su come ci sta guardando il Signore. Egli ci ama immensamente, da sempre ha pensato a noi, è innamoratissimo di noi, è felice che esistiamo, ci ha preparato una felicità eterna.
Veramente, in Dio ci scopriamo persone amate in un modo che potremmo dire esagerato. Egli può trasformare gli sguardi negativi che noi abbiamo su di noi stessi, in sguardi positivi. Solo lui può vedere nei nostri occhi il riflesso della sua insuperabile bellezza.
Sotto questo sguardo unico di Dio nei nostri confronti, che è tutto e a cui non manca nulla, come non essere contenti di quello che ha donato agli altri?
Il bene degli altri è anche il nostro bene, è un bene di famiglia, è il bene della famiglia dei figli di Dio.
Ecco perché leggiamo la biografia dei santi canonizzati. Proprio per essere edificati e spinti ad imitarli. Ma tutti siamo santi per il battesimo.
Pertanto, quando desideriamo sinceramente di cuore, quando chiediamo al Signore di poter avere quelle qualità che posseggono gli altri, allora entriamo nella santa invidia, quella che chiamiamo “emulazione”.
Ovviamente, non si tratta di imitare alla lettera, perché ognuno ha la propria strada, ma di assomigliarvi il più possibile.

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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