Formazione liturgica
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
15 dicembre 2025 * S. Ireneo martire
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A cura di Massimo e Loredana

 

Come di consueto , facciamo una piccola catechesi sulla liturgia . Abbiamo iniziato questo terzo incontro

Perché così abbiamo modo di ricordare a noi stessi e al nostro cuore, alcune cose che, magari, distrattamente viviamo e cerchiamo magari invece di viverle con più attenzione , con più profondità.

La prima cosa che abbiamo visto nel primo incontro , è che il termine liturgia in realtà è un termine che si presta ad alcune ambiguità , perché abbiamo visto che è un termine che viene dal greco “λειτουργία” e significa azione del popolo ed era un termine che si utilizzava nella Grecia antica per indicare le azioni che il popolo svolgeva in funzione della comunità .

Nella comunità civile, nella comunità sociale, questo termine è stato utilizzato nell’antico testamento nella traduzione dei 70 ed è diventato termine per indicare l’azione che il sommo sacerdote svolgeva nel tempio.

Da allora si è utilizzato il termine liturgia mentre sarebbe più corretto dire invece di liturgia “ergon tu Teu” azione di Dio “εργοv το Θεου“ azione di Cristo "εργοv το Χριστου" perché abbiamo visto proprio citando la “Sacrosantum Concilium “e il catechismo, e il compendio, la liturgia non è tanto azione nostra ma quanto un’azione di Dio che compie in cui siamo chiamati a partecipare.

Noi siamo coinvolti in quello che “Sacrosantum concilium” chiama una partecipazione attiva actuosa participatio, noi pensiamo sempre che dietro una partecipazione attiva, ci siano tante cose che noi dobbiamo fare, ma la prima cosa che dobbiamo fare è ascoltare Dio che compie il miracolo della sua azione, ecco perché abbiamo portato qualche esempio.

Noi nel linguaggio utilizziamo vado a messa, si è vero, vai perché ti muovi, ti sei organizzato in base agli orari e vai alla messa, ma sarebbe più corretto dire Gesù mi chiama ad andare alla messa insieme e con i fratelli e le sorelle. Egli sommo sacerdote celebra la sua presenza, il Suo sommo sacrificio, Egli pienamente morto e pienamente risorto, è presente nella domenica. Vedete che cambia tutto?

Noi utilizziamo il linguaggio per esprimere le nostre azioni, e poi alla fine pensiamo che ci salviamo in base alle cose che facciamo, mentre è Dio che ci salva, il primato spetta a Lui, è Lui il Signore, e quindi anche su questo occorre farne sempre memoria.

La “Sacrosantum Concilium” cioè il documento conciliare è stato il primo del Concilio Vaticano II ci ricorda questo.

La volta scorsa abbiamo riflettuto su piccoli gesti e piccoli momenti e abbiamo letto una riflessione del grande teologo italo-tedesco Romano Guardini, insegnante del papa emerito Joseph Ratzinger che parlava del segno di croce. Ci ricordava che il segno di croce, è un gesto importantissimo che noi facciamo tante volte durante la giornata, ma che lo facciamo magari distrattamente, invece egli ci ricordava, Romano Guardini, guardate quanto questo gesto vi avvolge... nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo perché voi siete chiamati dalla Trinità, immersi nella Trinità, quindi non fare questo gesto distrattamente ricordava a ciascuno di noi e a se stesso, ma fallo essendo cosciente di quello che fai durante la giornata, ritma la tua giornata con il segno di croce.

Quando entri in chiesa il segno di croce non lo fare di corsa, non lo fare distrattamente, non è una cosa che fai così, è un momento in cui tu ricordi a te stesso che appartieni a Dio, che sei proprietà di Dio, che Dio ha messo come dice San Paolo il suo marchio su di te, lo σφραγις, come quel marchio a fuoco che si faceva e si fa ancora sulle bestie, per segnarle. Noi siamo bestie, siamo l’oggetto dell’amore di Dio, però siamo segnati al fuoco, con il battesimo appartieni a Dio, per questo ti segni con l’acqua battesimale prima di entrare e non all’uscita, la prendi lì e ti fai il segno di croce, per ricordare che tu sei proprietà di Dio, che il tuo corpo, la tua carne, la tua persona la tua mente, le tue scelte, i tuoi orientamenti sono proprietà di Dio; a Lui ritornano.

Questa sera brevemente come sempre, invece riflettiamo su un altro aspetto che invece spesso trascuriamo durante le celebrazioni, sia della santa messa, che nei momenti vari paraliturgici e anche durante la giornata, che è il silenzio.

Per parlare del silenzio dovrei stare zitto, che forse sarebbe la cosa migliore, però tuttavia la Chiesa ci impone di ricordare e dire qualcosa . Nelle istruzioni del messale romano, si recita così al n”45 : si deve osservare a suo tempo, il sacro silenzio, come parte della celebrazione. La sua natura dipende dal momento in cui ha luogo delle singole celebrazioni, così durante l’atto penitenziale, e dopo l’invito alla preghiera, il silenzio aiuta il raccoglimento, l’atto penitenziale è importante nella colletta , cioè nel colligere l’orazione quando il celebrante dice” preghiamo “, raccoglie le intenzioni dei fedeli, svolge la preghiera, li è importante il silenzio. Dopo la lettura e dopo l’omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato. Dopo la comunione , favorisce la preghiera di lode e di supplica , anche prima della stessa celebrazione è bene , osservare il silenzio in chiesa, in sacrestia, e nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi, e tutti possono prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione.

Il primo incontro non è azione nostra, è Dio che compie una meraviglia, e quindi la nostra partecipazione è avere "lo stupore", il miracolo di quello che accade. Non sono io che faccio la messa, eseguo i canti, proclamo le letture, è Dio che mi chiama a svolgere un ministero nella comunità .

E’ Dio che mi da l’onore grandissimo di proclamare la sua parola, di spezzare la sua parola, è Dio il protagonista non siamo noi e il silenzio ci aiuta a ricordare che noi siamo importanti, tanto quanto ascoltiamo e facciamo silenzio. Nella liturgia poi, in modo particolare nella santa messa, il silenzio richiama tutti i momenti in cui la divinità esprime la sua massima potenza, che non è fatta nel trambusto e nella solennità che comunque è importante, quello spetta a noi. Ma è nei momenti di silenzio che Dio agisce e questo è molto importante, ricorda la sobrietà solenne di Nazaret dell’annunciazione, ricorda la nuova creazione, ricorda la sobrietà solenne della creazione quando Dio disse e incominciarono ad essere le cose ma prima c’era il silenzio: è un silenzio creativo.

Infatti durante la consacrazione eucaristica è molto importante che si osservi il silenzio, si può fare una tantum in un contesto particolare, magari con i ragazzi, i giovani un ritornello, ma nell’elevazione del vero corpo consacrato, del vero sangue, in quel momento non abbiamo niente da dire perché avviene il massimo che può avvenire e li c’è il silenzio.

Come è importante che, nel culmine della preghiera eucaristica, quando c’è la proclamazione dossologica che invece è il culmine di quello che noi dobbiamo fare perché Cristo nello Spirito ci attrae e ci porta al Padre. Noi diciamo Amen! E deve essere un amen forte, potente. Così sia, si lo accetto, è così, vengo anch’io apri le porte Padre della tua casa.

Quello è il momento massimo della nostra espressione, possibilmente cantata, perché il canto esprime la solennità, quindi il silenzio esprime il massimo dell’azione di Dio, l’adorazione che non è assenza di parola ma che è proprio fare scuola in ginocchio da Dio perché Lui parli al nostro cuore. E' il silenzio che ci educa.

Se invece noi torniamo a casa, accendiamo questo, accendiamo quell’altro, viviamo dissipati e l’intenzione che ha il diavolo, il nemico dell’uomo, non è tanto quello di farci peccare ma di farci disperdere, di crearci confusione, perché quando c’è confusione non c’è più la roccia che è Cristo.

Non c’è più la solennità nelle scelte, nel discernimento, in casa e nelle famiglie, e noi ci disperdiamo.

Ci relativizziamo, ci secolarizziamo, siamo pieni di fragilità, cadiamo, non soltanto perché c’è la fragilità in sé, ma perché noi non ci siamo educati nella disciplina dello Spirito a fare silenzio, mentre il silenzio è fondamentale.

Ci sono moltissime altre citazioni che l’ufficio delle celebrazioni liturgiche del sommo pontefice ricorda sul silenzio, non ve le posso ovviamente dire tutte. Il Beato Giovanni Paolo II diceva: "un aspetto da coltivare con maggiore attenzione all’interno delle nostre comunità è l’esperienza del silenzio. La liturgia tra i suoi diversi momenti e segni, non può trascurare quello del silenzio".

Sempre il cardinale Ratzinger in un testo molto bello che vi consiglio di leggere "Introduzione allo spirito della liturgia", diceva questo : diventiamo sempre più consapevoli che la liturgia implica anche il tacere al Dio che parla , noi rispondiamo cantando e pregando ma il mistero più grande che va aldilà di tutte le parole ci chiama anche a tacere , deve essere indubbiamente un silenzio pieno più che una assenza di parole e di azioni , dalla liturgia noi ci aspettiamo proprio che essa ci dia il silenzio positivo in cui noi troviamo noi stessi .

Se non facciamo silenzio non troviamo noi stessi non ci conosciamo. Conosciamo delle deformazioni di noi stessi e se non ci conosciamo non sperimentiamo l’amore di Dio e non cominciamo anche ad amarci. Non crediamo quanto Dio ci ama se non facciamo silenzio, non capiamo quanto noi siamo degni di stima dell’amore dalla parte di Dio e quindi tutte le nostre ferite, che ci stanno e ognuno, chi piccole chi grandi, ha le sue, diventano enormi, ma perché questo? Perché siamo concentrati su queste ferite e invece non facciamo silenzio all’amore di Dio che è un balsamo nel tuo cuore, che ti vuole guarire, ti vuole far capire che tu sei degno di amore, di stima, di benedizione, e quindi chiediamo anche questa sera di crescere un pochino nel silenzio.

Buona serata e grazie ai fratelli e sorelle che sono venuti.

 

Paul Freeman

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