Omelia delle domeniche e feste Anno A
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
12 dicembre 2025 * S. Costanzo martire
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Discepoli di EmmausTesti liturgici: At 2,22-33; Sl 15; I Pt 1,17-21; Lc 24, 13-35
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Abbiamo ascoltato l’espressione dei due discepoli, rivolta al pellegrino accompagnatosi con loro lungo il cammino: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai cosa vi è accaduto in questi giorni?”.
A considerare bene, però, i veri forestieri o stranieri sono proprio loro: i due discepoli!
È un fatto che potrebbe applicarsi anche a noi. Avviene quando, vivendo da stranieri, non incontriamo o non riconosciamo Gesù.
È vero, ci ha ricordato Pietro, che siamo chiamati a vivere come stranieri: “Comportatevi – ci ha detto - con timore di Dio nel tempo in cui vivete quaggiù come stranieri”.
Però, notiamo la differenza: una cosa è vivere “da” stranieri (senza conoscersi), altra cosa è vivere “come” stranieri (in quanto di passaggio).
Addentriamoci nell’episodio ascoltato nel vangelo.
Esso dà rilievo a due momenti: il primo, all’essere in cammino; il secondo, al fermarsi per una sosta.
Come si svolgono i due momenti?
Nell’essere in cammino, vi si svolge l’ascolto della Parola; in quello della sosta, vi si svolge la benedizione e la frazione del pane.
Questi due momenti li celebriamo anche noi, ogni domenica.
Come e con quale risultato?
Il primo momento è quello che stiamo svolgendo tuttora. È una forma di cammino. Stiamo ascoltando la parola e, di conseguenza, stiamo facendo un cammino di fede: è un cammino in cui sempre meglio comprendiamo la volontà di Dio e il suo amore, cosa che riscalda il nostro cuore e ci dà forza.
Fra poco faremo una specie di sosta: serve per rifocillarci ulteriormente. Sull’altare celebreremo l’eucaristia, cioè reciteremo la benedizione, la lode a Dio; e poi faremo la frazione del pane eucaristico, perché sia distribuito e ricevuto in comunione. Ci nutriremo di esso per avere maggiore forza nel cammino della vita.
Di conseguenza, ripartiremo con gioia e con nuovo entusiasmo, sostenuti dalla grazia del Signore.
Altrimenti, che domenica sarebbe?
Dobbiamo, però, stare attenti a non fare l’errore dei due discepoli.
Il loro errore è stato quello di credere che, con la morte, Gesù abbia interrotto il suo cammino nel mantenere le promesse. Lo evidenziano attraverso le parole che pronunciano: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele…” . La conseguenza è che, con tristezza, si rassegnano.
Non avevano ancora capito che, quanto capitato a Gesù, era un ulteriore tappa del suo cammino per la nostra salvezza. Pertanto, era una cosa che doveva capitare!
Gesù, proprio durante il cammino, cerca di farlo capire ai due discepoli, spiegando le scritture.
Quante volte anche noi, nel corso della vita, siamo delusi e, più o meno palesemente, diciamo: “Ci speravo a quella cosa, ma ormai… non c’è più niente da fare. Ho perso ogni speranza. Bisogna che mi rassegni”.
Guai a rassegnarsi! È una sconfitta! Bisogna arrivare ad una accettazione che, a sua volta, diventa una vittoria!
La rassegnazione dà tristezza, mentre l’aver capito una cosa ed accettarla, nonostante la difficoltà che comporta, rasserena interiormente.
Dobbiamo imparare ad accettare tutto e mai a rassegnarci, impegnandoci, ovviamente, a svolgere la nostra parte.
Per riuscire in questo, abbiamo bisogno di capire le Scritture, cioè abbiamo bisogno di ascoltare la Parola di Dio. Ecco perché ogni domenica ci riuniamo: per ascoltare questa Parola e, attraverso di essa, dare un senso alla nostra vita e a quello che capita nel mondo.
Pertanto, anche se nella vita ci sono prove e sofferenze, dobbiamo pensare che tutto diventa occasione per conoscere e comprendere meglio l’amore del Signore.
Allora, cosa dobbiamo fare?
Vivere la speranza cristiana; in altre parole, continuare il nostro cammino, consapevoli che il Signore, prima o poi, interverrà concretamente.
Ed allora, anche noi faremo l’esperienza dei due, che esclamano: “Non ardeva in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello

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davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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