Testi liturgici: I Sam 1,20-22.24-28; I Gv 3,1-2.21-24; Lc 2, 41-52
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C’è proprio da ammirare il gesto di Anna. Siccome il Signore aveva esaudito la sua preghiera innalzata nel tempio per avere un figlio, e che per voto avrebbe poi offerto a lui, eccola che torna al tempio, non solo per offrire gli animali come prescritto dalla legge, ma anche e soprattutto per mantenere la promessa.
Chi di noi non è chiamato a fare l’analoga esperienza di Anna?
Se pregassimo incessantemente, se cioè rimaniamo a contatto con il Signore, ci accorgeremmo come egli sempre si presenta nella continua sua provvidenza.
Lo stesso Gesù, nella sua predicazione, ci invita a pregare in maniera incessante, dicendoci di chiedere al Padre ciò di cui abbiamo bisogno.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma se Dio sa tutto, per quale motivo pregare proprio allo scopo di ottenere?”.
Anzitutto, c’è da dire che la preghiera non è solo di richiesta, ma è anche di ringraziamento e di lode. Ma, anche se pregassimo con l’intento di chiedere, bisogna farlo con la consapevolezza che Dio non va assolutamente convinto di nulla, appunto perché sa tutto.
Siamo invece noi che abbiamo bisogno di lui, abbiamo bisogno di ascoltarlo, di parlargli, di conoscere la sua volontà, di lasciarci avvolgere dal suo amore.
Ebbene, la preghiera di richiesta non è altro che aprire il cuore per poter ricevere tutto questo. Il Signore ha già preparato tutto quello che è utile per noi, appunto perché sa tutto e ci vuole un gran bene. Però, alla fine sta a noi saper accogliere quello che lui ha preparato: questo avviene con la preghiera di domanda.
Ora un'altra riflessione. Nel vangelo abbiamo ascoltato: “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.
Parole vere e giuste, parole che certamente hanno fatto riflettere Giuseppe e Maria. Cosa significano concretamente?
Non è, forse, quello che capita o dovrebbe capitare in ogni famiglia?
Andiamo con ordine, per riflettere proprio sull’argomento.
Gesù si è incarnato in una famiglia e ne ha condiviso la vita e le regole. Pur essendo Figlio di Dio, è stato al tempo stesso uomo e, come tutti noi, ha vissuto un cammino di fede.
È nella sua famiglia che Gesù ha imparato ad ascoltare la Parola di Dio ed a pregare. Ed è stato attraverso la testimonianza di vita di Giuseppe e Maria che ha potuto esperimentare l’amore di Dio per lui, ed ha potuto toccare con mano cosa volesse dire fidarsi di Dio, abbandonarsi alla sua volontà.
In questo cammino, Giuseppe e Maria lo hanno accompagnato con grande umiltà e rispetto, quasi in punta di piedi, sapendo anche di doversi tirare indietro, quando sarebbe giunto il momento, per non ostacolare la scelta di Gesù, quella di seguire il progetto del Padre celeste.
L’espressione ascoltata, non è stata altro che un campanello di allerta per preparare il cuore di Giuseppe e Maria a tale distacco successivo, per lasciare Gesù pienamente libero di svolgere la sua missione.
Ci domandiamo: Sono tutti così i genitori? Sono consapevoli di non essere né padroni, né dominatori dei figli?
Si rendono conto che hanno il compito di allevare, educare, maturare, consigliare, aiutare i figli a scoprire il disegno di Dio su di loro, pur lasciando ad essi la libertà delle proprie scelte?
Quale gioia più grande per un genitore il poter costatare come i figli hanno saputo scegliere bene la strada loro disegnata dal Signore.
Purtroppo, spesso tale gioia è sostituita da sofferenza, quando i figli si allontanano da Dio, seguendo altre strade!
Che fare?
A questo punto, se il genitore rimane lineare nello svolgere il compito affidatogli dal Signore, non può fare altro che soffrire e pregare, sempre senza imporre nulla.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello