Testi liturgici: Gen 18,1-10; Sl 14; Col 1,24-28; Lc 10,38-42
Abbiamo ascoltato questa espressione: “Abramo sedeva all’ingresso della tenda, nell’ora più calda del giorno”.
Tutti sappiamo come la stanchezza e la svogliatezza ci prendono quando siamo immersi in un caldo eccessivo! Per di più in Abramo e Sara vi era un’altra profonda e continuata tristezza, quella di non potere avere figli.
In tale situazione si potrebbe diventare piuttosto scontrosi.
Eppure, abbiamo ammirato la premura e la squisita delicatezza che Abramo esercita nell’accogliere i tre pellegrini misteriosi.
Misteriosi perché rappresentano la presenza di Dio, uno, in tre persone.
Se ora guardiano a noi stessi, nei tempi che corrono, abbiamo difficoltà ad accogliere chi non conosciamo; spesso non pensiamo che nell’altro c’è sempre la presenza del Signore!
Fatto sta che, quando nella vita accogliamo il Signore nella persona di qualcuno, il Signore non si fa vincere in generosità.
Lo evidenzia chiaramente l’episodio di oggi. Ha concesso, alla coppia di Abramo e Sara, quel figlio che tanto desideravano.
Anche nell’episodio evangelico, abbiamo un altro esempio di squisita accoglienza, anche se c’è da riflettere sul tipo diverso dell’accoglienza stessa praticata dalle le due sorelle Marta e Maria.
Nell’episodio emerge evidente che vi sono due modi, complementari fra loro, per accogliere l’ospite o l’amico; l’uno è ascoltarlo, l’altro è servirlo.
Qui emerge come vi sia una suddivisione del compito fra le due sorelle; da una parte Maria che lo ascolta e dall’altra Marta che lo serve.
Tutto sta a vedere, volendo creare una gerarchia fra i due compiti, quale di essi viene prima.
La conclusione è che ogni persona deve avere in sé la capacità di armonizzare l’ascolto e il servizio.
Marta non ha torto a lamentarsi della sorella, perché non l’aiuta.
In effetti, Maria è talmente incantata delle cose che dice Gesù, da dimenticarsi di dare una mano alla sorella.
Ma c’è anche il viceversa, dimenticato da Marta, che la prima cosa è ascoltare; ecco perché Gesù dice “Maria ha scelto la cosa migliore”.
A questo punto, è facile trovare un’applicazione alla nostra vita.
Anche noi siamo presi dalle tante cose da fare, sia pure che le facciamo per gli altri. Ma con quale spirito?
Ed infatti, quando poi per una eventuale ipotesi, finisce quel certo legame di amicizia con qualcuno, ecco che gli si rinfaccia l’accaduto con espressioni come questa: “A pensare che ho fatto tante cose per lui; non è servito a niente ed ora mi trovo in questa situazione!”.
Segno che abbiamo fatto, ma non siamo entrati dentro di lui per ascoltare e comprendere la sua situazione.
Trasferiamo quanto detto sul piano spirituale e della fede, e più precisamente nel sapere accogliere l’amico per eccellenza che è Gesù.
Si può accogliere Gesù in tanti modi. Il fatto è che non tutti i modi sono adeguati.
A che serve darsi da fare e affaticarsi in tante cose, sia pur doverose, quando poi si perde di vista la cosa più bella, che è stare con lui e godere della sua amicizia e della sua parola?
Non intendo riferirmi solo a chi dice di non ha tempo di pregare e andare a Messa, perché ha tante cose da fare. In questo campo, sappiamo bene, che ci sono tante persone che ragionano e concludono così.
Mi riferisco pure a chi intende vivere bene la propria fede, perché è praticante ed anche attivo nelle opere parrocchiali.
Purtroppo, quanti di questi, pur facendo le cose buone, non sanno dedicare un po’ di tempo per godere dell’amicizia con il Signore, stando in sua compagnia, in ascolto riflessivo di lui, ricercando la sua volontà, attenti alle sue ispirazioni!
Come pure, quanti non dedicano il tempo sufficiente per stare in famiglia, ascoltare i figli, uscire insieme marito e moglie, e così via!
Dobbiamo essere più attenti nell’esercitare l’accoglienza e la compagnia.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello