![14 Domenica C Invio dei discepoli](/images/Immagini/Evangeliche_anno_C/14_Domenica_C_Invio_dei_discepoli.jpg)
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Abbiamo ascoltato: “Rallegratevi con Gerusalemme. Sfavillate di gioia tutti voi che per essa eravate in lutto”.
Se lo stesso profeta parlasse oggi, direbbe: “Rallegratevi con la Chiesa”.
Le parole pronunciate quella volta si riferivano a tutte le sventure capitate a Gerusalemme, cioè al popolo di Israele. Per tali fatti, Gerusalemme era equiparata ad una vedova, privata perfino dei figli e quindi sola e sconsolata.
L’annuncio del profeta, invece, è gioioso; è come un sogno nel quale vede Gerusalemme come una donna, di nuovo mamma, nell’atto di allattare.
Ai nostri tempi, fra i tanti profeti che emergono, il primo fra essi è Papa Francesco, il quale pure ha scritto un libro dal titolo: “La Chiesa che sogno”.
È vero che, guardandoci attorno, anche noi dovremmo concludere che, a tutti i livelli, siamo ridotti molto male. Il mondo di oggi, come osa dire qualcuno, peggio di così non potrebbe andare.
Eppure, anche l’annuncio dei veri profeti di oggi è, e deve essere, analogo a quello di Isaia: “Rallegrati, o Chiesa. Sfavillate di gioia voi cristiani che ne fate parte”.
Per quale motivo?
Perché Dio non solo è un padre, ma anche una madre.
Anzi, egli è il più premuroso delle madri, perché sempre si preoccupa di consolare i suoi figli, proprio come abbiamo ascoltato: “Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un figlio, così io vi consolerò”.
Ma, come sappiamo, il Signore rispetta la nostra libertà.
Pertanto, sta a noi permettergli di poterci consolare. Ciò avviene solo se decidiamo di cambiare vita, facendoci raggiungere dalla sua misericordia.
Comunque, davanti al mondo prima descritto, non fanno meraviglia le nostre sante preoccupazioni. Le abbiamo noi sacerdoti, le hanno i genitori e i nonni, le hanno coloro che sono responsabili sul piano educativo e formativo, le hanno soprattutto quando si trovano a confronto delle giovani generazioni.
Come si fa a non essere tentati di scoraggiamento in un mondo così ostile e, ancor peggio, indifferente?
Come si fa a testimoniare la vita cristiana in un mondo così pieno di testimoni che remano al contrario?
Il Vangelo, che abbiamo ascoltato, ci ha dato la risposta, ci ha esortato ad andare come agnelli in mezzo ai lupi, senza temere.
Il motivo è perché dobbiamo credere nella potenza del vangelo stesso, nella potenza stravolgente della Parola di Dio.
Pertanto, non dipende principalmente dalle nostre capacità e bravure umane, non dipende dal nostro studio e dai tanti mezzi che potremmo avere a disposizione.
Ecco perché Gesù, mandandoci come agnelli in mezzo ai lupi, dice: “Non portate borsa, né sacca, né sandali”.
Dice pure: “Non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada”.
Questo, non come atto di maleducazione, ma per dire di non perdere tempo a fare discussioni inutili, tanto più se si limitassero solo a livello umano.
Non è la nostra parola, infatti, che convince, ma è la grazia di Dio che noi, appunto, dobbiamo invocare e vivere con stile diverso di chi non crede.
Ci accorgeremo, infatti, che il contenuto del messaggio è talmente dirompente, che può miracolosamente cambiare le sorti della storia e degli uomini. Però, sempre se è accolto.
Altrimenti, come dice Gesù: “Se non vi accoglieranno, uscendo dalla città, dite: Anche la polvere della città, attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi”.
Come a voler dire di non essere responsabili delle eventuali conseguenze che ne derivassero a loro, per non aver ascoltato la premura di Dio.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello