Testi liturgici: I Re 19,16.19-21; Sl 15; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62
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Abbiamo ascoltato:“Elia, passando vicino ad Eliseo, gli gettò addosso il suo mantello”.
È un gesto simbolico; cosa significa?
Significa comunicare all’altro che è stato scelto dal Signore; è trasmettergli il proprio ruolo e gli stessi poteri; in questo caso il ruolo ed i poteri di Elia.
Da notare bene che Eliseo non è scelto da Elia, ma dal Signore, tramite Elia. I poteri di Elia erano doni privilegiati che Dio gli aveva concesso allo scopo di svolgere una determinata missione, quella, cioè, di essere profeta.
Essere profeta, lo sappiamo, è parlare a nome di Dio, dicendo veramente quello che lui desidera da chi ascolta.
Ebbene, per volontà di Dio, Eliseo deve continuare ad essere profeta al posto di Elia, ereditando gli stessi privilegi e doni.
Questo, Eliseo lo ha compreso benissimo, come leggiamo: “Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse”.
Perché tale gesto?
È un altro gesto simbolico. Esso significa che è pronto a lasciare tutto, per assumere pienamente e con slancio la nuova missione. Ed infatti, lascia il suo lavoro ed il legame assoluto nei confronti della propria famiglia.
Applichiamo l’episodio alla nostra vita quotidiana.
Quante volte il Signore, attraverso persone o fatti, ci fa capire quale sia la sua volontà e quale strada dobbiamo intraprendere!
Vi corrispondiamo prontamente e generosamente, oppure no, perché siamo troppo legati a noi stessi, ai nostri schemi ed ai nostri programmi?
Dal Vangelo abbiamo ascoltato: “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”.
È deciso, non ha tentennamenti a seguire quella strada, nonostante sapesse quel che lo attendeva. Sa che in quella città sarà condannato a morte.
E proprio per il fatto di essere diretto a Gerusalemme, lungo tale viaggio subisce la non accoglienza dei Samaritani, vista la innata inimicizia che essi avevano con i Giudei.
Per tale motivo è forte e spropositata la reazione di Giacomo e Giovanni. Essi vogliono vendicarsi, addirittura distruggendoli; cosa che Gesù assolutamente non approva.
Ebbene, dietro tale fatto Gesù coglie l’occasione per dare degli insegnamenti sul come comportarsi per essere veri suoi discepoli.
Si serve di alcuni episodi in forza dei quali emerge quello che conta per esserlo.
Si tratta di accogliere totalmente e senza condizioni quello che il Signore ci chiede. In altre parole, si tratta di fare in tutto la sua volontà.
Infatti, è Lui che sta al centro della vita, per cui dobbiamo essere pronti a sacrificare tutto il resto, se questo non conduce a lui.
Ciò premesso, possiamo ben comprendere le risposte di Gesù.
All’asserzione: “Ti seguirò dovunque andrai”, egli risponde: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.
Questo per dire che, nel nostro cammino terreno, da una parte non possiamo essere vagabondi e senza una meta, perché la nostra meta è il cielo; ma dall’altra non possiamo neppure adeguarci in una vita tranquilla, senza impegni di sorta, senza essere spinti dalla continua ricerca di quanto il Signore ci chiede quotidianamente.
L’importante, lo ripeto, è scoprire e fare la volontà di Dio.
Ci sono anche altre due espressioni: “Chi pone mano all’aratro e torna indietro, è adatto per il regno di Dio” e: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu invece va e annuncia il regno di Dio”.
In altre parole, il mettersi nella volontà di Dio, non si limita al fatto di un entusiasmo momentaneo, ma si misura con un impegno costante. Pertanto non possiamo, al momento della difficoltà, rimangiarci la parola data ed astenerci dal proposito fatto, per tornare al punto di partenza.
Non possiamo tornare alla situazione di chi è morto spiritualmente e che non si trova più in sintonia con il Signore.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuari San Giuseppe in Spicello