Testi liturgici: Ger 33,14-16; Sl 24; ITs 3,12-4,2; Lc 21, 25-28.34-36
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È tradizione che, all’inizio di un nuovo anno civile, ci si scambino gli auguri.
Un po’ meno, e spesso per niente, lo facciamo con questa prima domenica di avvento. Dovremmo augurarci un buon anno liturgico.
Cosa è, cosa scandisce e per cosa serve l’anno liturgico?
Per meglio comprendere la risposta, portiamo una similitudine: quella della costruzione di una casa di civile abitazione.
Si pongono le fondamenta, si innalzano le colonne portanti, la si protegge con la messa in opera del tetto; si mettono in opera le varie suddivisioni e i vari tamponamenti; si canalizza e si monta quanto necessario per la parte elettrica, idrica, termica; si eseguono i pavimenti e i rivestimenti; per ultimo il tinteggio e, infine, l’acquisto del mobilio e di quanto altro per una comoda abitazione.
Per questa costruzione c’è un disegnatore, c’è un direttore dei lavori, ci sono gli operai specializzati.
Trasferiamo al nostro tema e alla nostra riflessione.
Nella nostra vita di fede dobbiamo innanzitutto porre le fondamenta; questo avviene quando solo Dio è il fondamento di tutto, come abbiamo ascoltato qualche domenica fa: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore”.
Egli, inoltre, Dio è anche il disegnatore della nostra vita: è un disegno così bello che non ce ne può essere uno migliore per ciascuno di noi, anche se non sempre comprensibile, come potrebbe essere il disegno su carta dell’edificio, fatto dal geometra, per chi non se ne intende.
Egli è anche il direttore e noi siamo i suoi operai.
Pertanto, perché il suo disegno si realizzi pienamente, c’è bisogno di tutta la nostra attenzione. Per ben costruire la nostra vita e la nostra salvezza eterna, abbiamo necessità di andare continuamente da lui per chiedere spiegazioni. Questo avviene quando ascoltiamo con fiducia la sua parola e con impegno la mettiamo in pratica. Ovviamente, la costruzione avviene di mano in mano e per gradi; si costruisce per tutta la vita.
Ebbene, attraverso l’anno liturgico il Signore, di mano in mano, ci insegna e ci esorta ad assumere vari atteggiamenti, da vivere lungo l’anno, presentandoci i vari passi della storia di salvezza, già avvenuta e, in riferimento a noi, da attualizzare di continuo. Tra questi: come ci si prepara ad incontrare Gesù Salvatore e come ci si rapporta con lui; quali accorgimenti avere perché la sua parola rimanga viva in noi; come risorgere dal peccato per ricominciare una nuova vita; come accogliere i doni dello Spirito Santo; come stimare la Chiesa quale strumento di salvezza, e così via. Questo avviene vivendo bene i vari tempi dell’anno: avvento, natale, quaresima, pasqua, e così via.
Con oggi, prima domenica di Avvento, si comincia ad ascoltare quali atteggiamenti ci vogliono per incontrare il Signore Gesù, ad imitazione dell’antico popolo di Israele che attendeva il Messia. Gesù, lo sappiamo, è già venuto nell’umiltà, incarnandosi e facendosi uno di noi; verrà alla fine dei tempi, nella sua gloria, per darci il premio definitivo; di fatto continua a venire ogni giorno con i suoi doni di grazia, di consolazione e di salvezza.
Cosa fare per incontrare lui e non perdere i suoi doni?
Oggi, ad esempio, ci dice di non abbassare la guardia: “State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni e affanni della vita. Vegliate in ogni momento pregando”.
In altre parole vuol dirci di vivere in continuo contatto con Lui, a non perder tempo in cose futili, ad accorgerci della sua presenza, a non far passare invano la sua grazia.
Ci dice che questo periodo di avvento è un tempo forte per ascoltare di più e meglio la sua parola ed essere, così, più pronti a superare le prove della vita. E, anche se sembrasse che ritardi nel venirci in aiuto, ci invita a mettere in atto una fede più forte e matura, imparando ad attendere nella speranza, credendo fermamente a quanto ci ha detto: “Ecco, verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto”. E lui è di parola!
Ed allora, nella vita, cerchiamo di vivere sempre nell’attesa e nella speranza, elevando fiduciosi lo sguardo a lui. Egli è tutto dalla nostra parte.
Per tale motivo gli abbiamo elevato con affetto, cantando nel salmo responsoriale, queste parole: “A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido”.
Sac. Cesare Ferri, Rettore Santuario San Giuseppe in Spicello