Testi liturgici: Gen 14, 18-20; I Cor 11, 23-26; Lc 9, 11-17
Per il documento: clicca qui
Dobbiamo notare bene una cosa compiuta da Gesù, quella che ha fatto prima di moltiplicare e distribuire i pani e i pesci, è detto che:
“Alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione”.
Lo ha fatto per farci capire che, all’origine di tanta provvidenza, ci sta il dono del Padre celeste il quale dall’alto dei cieli sta guardando tutte quelle persone.
Da notare che è stato soprattutto un dono di compassione per quella gente affamata e provata da tante altre sofferenze. Ma non solo. È stato anche un dono del tutto gratuito, non hanno dovuto pagare niente.
Eppure, questo è nulla rispetto a quello che vuol significare e che avverrà non molto tempo dopo, in maniera analoga.
È quanto narrato dai vangeli ed oggi presentatoci con il brano della seconda lettura: “Il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: questo è il mio corpo che è per voi”.
Da notare che pure questo è dono gratuito, di esso gli apostoli non hanno dovuto pagare nulla.
Ma cosa era ancora quel gesto?
Esso anticipava la sua morte in croce, sulla quale per mezzo del proprio corpo donerà se stesso per noi. Con questo suo sacrificio, infatti, ci ha donato la salvezza eterna. Ancora una volta è tutto dono della misericordia di Dio, ed anche per questo non abbiamo dovuto pagare nulla.
Ma c’è anche un’altra espressione da notare, molto importante: “Fate questo in memoria di me”.
Si tratta di continuare a fare la stessa cosa, e questa avviene nella Messa, nel rito che denominiamo celebrazione eucaristica.
In essa Gesù si fa presente con il suo sacrificio offerta quella volta sulla croce, attualizzandolo per noi che viviamo oggi.
Anche per la Messa non si paga nulla. Anche se lo volessimo, non basterebbero tutte le ricchezze del mondo per compensare adeguatamente il sangue di Cristo.
Ed allora perché, potrebbe obiettare qualcuno, viene richiesta una offerta?
Da notare bene, non è una paga, ma solo una offerta.
È una consuetudine consolidata nel tempo, con cui manifestiamo la nostra personale gratitudine. Lo si fa per poter partecipare in maniera più viva ed attiva al valore della Messa stessa.
L’offerta che si fa assume diverse finalità: per il sostentamento del sacerdote, oppure per le necessità della chiesa, ed anche per sovvenire i più bisognosi.
Del resto, non avviene qualcosa di analogo anche in certe nostre umane consuetudini?
Ad esempio, se siamo invitati a pranzo da un amico, egli certamente ce lo offre gratuitamente, sarebbe per lui un’offesa se alla fine gli dicessimo quanto dobbiamo pagare.
Però per consuetudine non andiamo a mani vuote.
Per manifestare l’affettuosa riconoscenza, portiamo un dolce da noi preparato, oppure una bottiglia di buon vino o altro che sia.
Non potremo dire mai che con questo gesto ci siamo sdebitati ed abbiamo pagato il pranzo.
Ebbene, qualcosa di analogo è l’offerta per la Messa.
Del resto, tale tipo di offerta è richiesta anche dal Signore Gesù, come risulta dall’episodio della moltiplicazione.
È vero che lui ha offerto gratuitamente la gran quantità del pane e dei pesci, ma ha richiesto anche la collaborazione accettando l’offerta dei cinque pani e dei due pesci.
Un nostro gesto analogo è quello da noi compiuto nella questua offertoriale, cosa non estranea al rito della Messa, ma richiesta come segno di viva partecipazione su un piano più alto.
Infatti, essa sta a significare l’offerta della nostra vita che non vuole essere sprecata ma pienamente valorizzata, unendola al sacrificio di Cristo che di lì a poco si farà presente sull’altare.
Non dimentichiamo neppure di accostarlo al rito compiuto da Melchisedek, di cui alla prima lettura, e che pure è prefigurazione del sacrificio eucaristico.
Anche in questo caso vi è la partecipazione di Abramo, il quale: “Diede a lui la decima di tutto”.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario san Giuseppe in Spicello