Testi liturgici: At 1,1-11; Eb 9,24-28.10,19-23; Lc 24,46-23
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La solennità che oggi celebriamo, quella dell’Ascensione al cielo di nostro Signore Gesù, racchiude due elementi.
Da una parte, è per orientare il nostro sguardo verso il cielo, dove Gesù ci attende.
Ma attenzione, non si tratta del cielo stellato. In concreto significa vivere ogni giorno nella volontà del Padre celeste, cosa che ci era stata detta anche nel giorno di pasqua: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù”.
Del resto, è anche quello che affermano i due uomini vestiti di bianco: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”.
Questa espressione è per richiamare l’altro aspetto dell’Ascensione, quella di non vivere di nostalgie.
È per ricordarci la missione della Chiesa, quella di andare in tutto il mondo per annunciare il Vangelo, compito che è riferito anche a ciascuno di noi, in quanto siamo membra della Chiesa stessa.
Ma, attenzione ancora. Solo per alcuni di noi e solo in alcuni momenti la missione si compie attraverso la predicazione e la catechesi. Tutti, invece, dobbiamo compiere la missione attraverso la testimonianza di fede nella vita di tutti i giorni, vissuta in maniera coerente. Purtroppo, non sempre facile in un mondo che ci è ostile.
In questo nostro compito, però, non siamo soli, perché la presenza di Gesù rimane, anche se con modalità diversa, come avvenuto per gli apostoli.
Sino a quel momento avevano avuto una presenza visibile; per l’avvenire non sarà più così. Pur tuttavia il suo amore operante rimane.
È proprio quello che ci racconta un altro evangelista, sempre sullo stesso episodio, allorquando Gesù salendo al cielo, dice: “Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei tempi”.
Come avviene questa sua presenza di amore permanente?
Avviene per opera dello Spirito Santo, proprio come ascoltato dalle parole della prima lettura: “Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo”.
E poco dopo: “Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni”.
Gli apostoli non hanno capito più di tanto; continuano ad avere una concezione distorta su Gesù, considerandolo sempre un liberatore politico, tanto che gli pongono la domanda: “E’ questo il tempo nel quale ricostituirai il regno di Israele?”.
Pur tuttavia, dopo la sua ascensione, qualcosa è cambiato in loro.
Infatti, abbiamo letto anche queste parole: “Tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio”.
Questo deve valere anche per ognuno di noi. È vero che non abbiamo avuto la fortuna, come gli apostoli, di incontrare Gesù e vivere con lui, però sostanzialmente non cambia nulla.
Infatti, ci sono due modi di presenza. C’è una presenza fisica, una presenza che ha i suoi connotati, quali il vedere e poter toccare la persona.
Ma c’è anche una presenza spirituale con altri analoghi connotati.
Essa è quando, pur non vedendo e non potendo toccare la persona, rimaniamo in relazione e in colloquio con essa, con il vicendevole conforto.
Non avviene forse così quando, ad esempio, stiamo in colloquio con qualcuno tramite il telefono, in cui ci si sfoga e ci si incoraggia a vicenda?
Quante volte il Signore fa squillare il telefono nella nostra vita!
Si tratta di rispondergli, ascoltarlo e parlargli. Attraverso la sua parola ha sempre qualcosa di nuovo da dirci per aiutarci ad affrontare tutti i problemi della vita.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello