Testi liturgici: At 15, 1-2.22-29; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29
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Ci capita mai di dimenticare le cose, di non ricordarci degli appuntamenti?
Purtroppo, più si cresce negli anni e più abbiamo bisogno di avere un’agenda o un calendario su cui trascrivere tali appuntamenti, oltre all’avvertenza di consultarla spesso.
La stessa cosa capita nel nostro cammino di fede cristiana e di crescita spirituale.
Quante volte ci capita che l’insegnamento di Gesù, sul come vivere e comportarci, va nel dimenticatoio.
Proprio per questo motivo Gesù oggi ci ha detto: “Lo Spirito Santo vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto”.
Conosciamo il proverbio il quale dice che non vi è maggior sordo di colui che non vuol sentire.
Analogamente nella vita di fede non vi è maggior sordo di colui che non vuol ascoltare la voce dello Spirito Santo.
Attraverso quale mezzo egli ci parla e come possiamo ascoltarlo?
La sua voce ci giunge soprattutto attraverso la lettura, l’ascolto e la riflessione su quei testi che noi definiamo: “Parola di Dio”.
L’ascolto e la riflessione su di essa ci dà luce per comprenderla nel suo vero significato e, nel contempo, per avere la forza di agire conseguentemente coerentemente, oltre ad avere il vantaggio di esperimentare la presenza di Dio nella nostra vita.
È quello che abbiamo ascoltato all’inizio dell’odierno brano evangelico: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
Non solo nei singoli, ma anche e a maggior ragione nella Chiesa vi è la sua presenza. Essa si manifesta soprattutto quando la Chiesa parla attraverso quella che è definita la “parola del magistero”.
Questa presenza dello Spirito vi è sempre stata nella bimillenaria storia della Chiesa, soprattutto attraverso l’insegnamento e le decisioni dei Concili ecumenici.
La prima lettura di oggi ci ha presentato il primo Concilio, quello di Gerusalemme, nel quale vediamo come è bene espressa la presenza dello Spirito: “È parso bene allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie”.
Sono poi elencate le cose, se non del tutto totalmente essenziali, ma necessarie per quel tempo. Nella vita della Chiesa, lungo i secoli, nel mentre rimane immutabile quello che è l’essenziale, per il resto e di mano in mano lo Spirito suggerirà quello che è necessario e quello che è opportuno osservare nel tempo nel quale si vive.
Quello che era successo all’inizio, continua a succedere nella vita dei cristiani. È infatti facile andare fuori strada, oppure di dare eccessiva importanza a certi comportamenti non strettamente necessari ed essenziali.
Quella volta era il fatto della circoncisione, da alcuni ritenuta essenziale per la salvezza.
L’importante ed essenziale è che tutto conduca a mettere in pratica il nuovo comandamento dell’amore, come ci ha detto Gesù domenica scorsa: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri… Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.
Anche oggi, per altri aspetti e situazioni, succede la stessa cosa, confondendo la fede con il sacro.
Per sacro si intende la necessità di dover compiere certe pratiche religiose o di dover mantenere certe osservanze rituali. La pratica del sacro, se scorporata dal suo contesto liturgico, aumenta tanto più quanto più diminuisce la vera fede.
Pur tuttavia, proprio come atto di carità verso coloro che sono deboli nella fede, è da comprendere e da permettere le loro convinzioni, purché non contiene nulla contro l’essenziale, proprio per non scandalizzarli e per non ridicolizzare le loro tradizioni religiose.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello