5 Domenica C Pesca miracolosaTesti liturgici: Is 6, 1-9; I Cor 15,1-1,13; Lc 5,1-11
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“Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”,
dice Pietro a Gesù.
Non è forse quello che diciamo anche noi, in tante situazioni?
Vi ho tenuto tanto e non sono riuscito a nulla o quasi!
Vediamo la dinamica e l’insegnamento che ci suggerisce l’episodio evangelico.

Incontriamo Gesù che desidera parlare a tutti, ma per evitare di essere schiacciato dalla folla, chiede a Pietro di poter salire sulla sua barca.

Da notare bene che la barca per Pietro è tutto. Sulla barca passa gran parte della sua giornata ed è proprio in forza di essa che si guadagna il da mangiare quotidiano. È su quella stessa barca che egli intesse relazioni con altri. Insomma, per Pietro la barca è la quotidianità della vita, è tutto.

Cosa ci insegna?

Ci insegna che il Signore vuole incontrarsi con noi nella quotidianità, anche se non sempre siamo disponibili. Del resto, è stato così anche per Pietro, in quel momento non troppo disponibile. Infatti, era piuttosto arrabbiato per aver faticato tutta la notte senza ottenere nulla e quindi, possiamo ben pensare, che istintivamente non sarebbe stato disposto ad ascoltare Gesù, tanto più che gli chiedeva di prendere il largo e pescare ancora.

Non solo, ma se avesse dato adito al suo istinto, avrebbe risposto malamente a Gesù, come ad uno che non si intende assolutamente di pesca.

Pur tuttavia mantiene la calma e si fida della parola, nonostante tutto; la sua fiducia viene abbondantemente ripagata con una pesca miracolosa.

Se anche noi ci fidassimo di più della parola e della presenza conduttrice del Signore, otterremmo miracoli!

Qual è la reazione conseguente di Pietro?

Quella di sentirsi un peccatore, cioè un nulla davanti a Gesù.

Sino a che vogliamo contare più su noi stessi e non sul Signore, faremo sempre fiasco. Ammesso pure che contiamo sul Signore, spesso lo facciamo con un atteggiamento sbagliato, nel senso che non siamo noi ad obbedire a lui, ma è lui che deve aiutarci in quello che abbiamo programmato noi.

Con questo atteggiamento non si ottengono miracoli. Infatti, il Signore non può intervenire in chi è pieno di sé. Se manca l’umiltà, manca tutto.

Quando decidiamo di eseguire quello che ci chiede il Signore, soprattutto quando si tratta di uno stato permanente di vita, diciamo che rispondiamo alla nostra vocazione, anche se in realtà la vita di ogni giorno è da vedersi come una risposta alla vocazione.

Ed ecco la vocazione che Gesù prospetta a Pietro: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”.

 Si tratta di fargli continuare ad esercitare la pesca, non più tirando fuori dall’acqua del mare i pesci, ma tirando fuori dall’acqua del torpore gli uomini che si illudono di poter vivere senza Dio. Come i pesci muoiono fuori dell’acqua, così gli uomini con questa pesca muoiono alla vita di peccato, risorgendo con Cristo.

Analoga la vocazione di Isaia il quale pure, alla maniera di Pietro, reagisce esclamando: “Un uomo dalle labbra impure io sono”.

Purificato dal Signore, anche lui è pronto a realizzare la vocazione, e risponde: “Eccomi, manda me!”.

Anche Paolo non è da meno nel riconoscere la sua nullità. Dirà: “Gesù apparve anche a me come ad un aborto. Sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato tale”.

Pur tuttavia, obbedendo alla chiamata, è divenuto il grande apostolo che ben conosciamo.

Concludo ripetendo una espressione già detta pocanzi. Se vogliamo ottenere miracoli, seguiamo la buona strada che il Signore ci ha indicato.

Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello