Testi liturgici: Ez 17,22-24; Sl 91; 2Cor 5,6-10; Mc 4,26-34Per il documento: clicca qui
Gesù dice che il Regno di Dio è simile al seme gettato nel terreno ed è simile anche al granello di senape.
Cosa è questo “Regno di Dio”?
È la presenza di Dio nella nostra storia, in particolare nella storia della Chiesa. È realizzazione del suo piano di salvezza per tutti gli uomini.
Ora, perché questo Regno di Dio possa avere un buon effetto, dobbiamo fare ognuno la propria parte, anche se poi è Dio che in realtà fa tutto il resto, necessario e indispensabile.
Perché Gesù ha raccontato le due parabole?
Per incoraggiare i suoi discepoli. Infatti, nonostante le loro attese, di fatto non vedevano niente del regno che Egli era venuto a stabilire. Si riconoscevano un gruppo piuttosto sparuto, senza istruzione né influenza, e, per di più, con l’opposizione del potere religioso che si era accordato per far sparire Gesù.
A tale punto non sarebbe valsa la pena a lasciare tutto?
Ecco allora le parabole.
Il contadino, se vuol mangiare il pane, deve gettare il seme, facendo tutta la sua parte nella preparazione del terreno, nella concimazione e in quanto altro serve per la buona crescita. Non è in grado, comunque, trebbiare prima del tempo.
Del resto, sa bene che non dipende da lui la crescita, la maturazione e il buon raccolto. Anzi, se ad un certo punto volesse accelerare la crescita con sistemi e regole proprie, correrebbe il rischio di perdere tutto.
Similmente avviene nel Regno di Dio. Non sta a noi dettare regole perché sia capito e possa estendersi presto e a nostro piacimento. Invece, dopo aver fatto la nostra parte, non stiamo a preoccuparci e dormiamo tranquilli. Gesù, infatti, riferendosi al contadino, sottolinea così: “Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa”.
Come è vero questo! Come è necessario rendercene sempre più conto!
Vale per tutti. Vale per chi fa opere di apostolato, vale per gli educatori dei giovani, vale per noi sacerdoti che vorremmo vedere dei buoni cristiani, vale per i genitori e nonni che ci tengono perché figli e nipoti crescano nel timor di Dio.
Continuiamo a fare la nostra parte con fede e amore, continuiamo a seminare il bene con la testimonianza della nostra vita!
Anche se non vediamo risultati immediati e ci sembra di aver seminato invano, dobbiamo vivere nella speranza, paragonando la nostra opera al granello di senape, di cui Gesù dice: “E’ il più piccolo di tutti i semi, ma quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante e fa i rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra”.
Questa sorte trova riscontro anche nella parabola raccontata dal profeta Ezechiele, udita nella prima lettura, allorquando il Signore dice: “Un ramoscello prenderò dalla cima del cedro… lo pianterò sul monte di Israele… diventerà un cedro magnifico… sotto di lui vi dimoreranno gli uccelli”.
È una similitudine che si riferisce ad un fatto storico a favore del popolo di Israele, preannunciato durante la sua schiavitù a Babilonia. Con la parabola Dio garantisce la liberazione e vuole che il popolo creda alla propria restaurazione dopo l’esilio.
Anche quel popolo era ridotto a niente, solo pochi erano rimasti fedeli alla legge. Ma per il profeta nulla è perduto irrimediabilmente.
Se quella volta si riferiva al popolo di Israele, ora si riferisce al Regno di Dio, che chiamiamo anche Chiesa di Dio.
Dai suoi umili inizi di duemila anni fa, con discepoli e apostoli inizialmente timorati e dubbiosi, ora è estesa in tutto il mondo. Continua a crescere, nonostante che si moltiplichino anche coloro che vogliono distruggerla.
Nessuna paura, dunque!
L’opera non è nostra, è di Dio. Volete che Dio non la porti a buon fine?
Conosciamo il proverbio: “Dio scrive diritto anche sulle righe storte!”.
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe Spicello