TentazioniTesti liturgici: Gen 9,8-15; Sl 24; I Pt 3,18-22; Mc 1, 12-15
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L’arcobaleno, a volte nitido e bellissimo, ci dice che è riapparso il sole dopo la tempesta!
La stessa cosa è avvenuta ai tempi di Noè, riapparso dopo il diluvio dei quaranta giorni!
Con la differenza che, in quella circostanza, Dio ne ha fatto un segno. Lo ha scelto come segno e indicatore del suo amore e della sua misericordia: “Questo è il segno dell’alleanza che io pongo tra me e voi”.
In cosa consiste questa alleanza?
Non è altro che una promessa e una garanzia. Dio si impegna a non distruggere né l’uomo, né la terra.
Pertanto, nella fine del diluvio, dobbiamo leggervi la fine del potere esclusivo del male sull’uomo e sulla creazione.
Questo non significa che il male non c’è più, ma che il suo potere è limitato e non può prevalere.
In realtà, tutt’ora stiamo vivendo la minaccia di un diluvio, cioè del trionfo della cattiveria umana, a tanti livelli, cosa che potrebbe sfociare anche in una guerra mondiale.
Ma la promessa di Dio rimane valida.
Da cosa è garantita?
Dal fatto che poggia su un mistero grande: su Colui che ha vinto il male, che è il Salvatore del mondo, Gesù Cristo.
In forza della sua morte e risurrezione, andiamo incontro ad un altro diluvio, ma di tipo diverso: esso non distrugge l’uomo, ma lo riempie di grazia: si tratta del Battesimo.
Lo ha detto chiaramente Pietro, come abbiamo ascoltato nella seconda lettura. Egli, dopo aver ricordato che solo le otto persone entrate nell’arca furono salvate dall’acqua, aggiunge: “Quest’acqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi”.
Poi aggiunge che quest’acqua: “Non porta via la sporcizia del corpo, ma è invocazione di salvezza rivolta a Dio, in virtù della risurrezione di Gesù”.
Se tutti facessero memoria della grazia del Battesimo, cioè se tutti vivessero da veri cristiani, non ci sarebbero né guerre, né ingiustizie, né ogni sorta di male.
Chi vive bene il battesimo, dovrebbe diventare un arcobaleno, cioè essere in grado di interrompere e tener lontana la minaccia della tempesta del male.
Questo lo confermiamo quando ci segniamo o ci facciamo aspergere con l’acqua benedetta.
Pertanto, fare il segno di croce con essa, non è un gesto scaramantico, ma è fare memoria del battesimo, con l’impegno di viverlo.
Passiamo a riflettere sul Vangelo.
È raccontato l’episodio relativo alle tentazioni di Gesù, che incontriamo ogni anno nella prima domenica di quaresima. Quest’anno la narrazione è secondo Marco. Egli, a differenza di Luca e di Matteo, non riporta il contenuto delle tentazioni, ma sottolinea e conferma semplicemente che Gesù fu tentato da Satana.
Questa breve indicazione è sufficiente per ricordarci una cosa importante. La tentazione è un fatto normale. Quello che conta, in quel momento, è saper scegliere.
Ogni tentazione, in fin dei conti, è sempre una scelta tra due amori: o l’amore genuino a Dio o l’amore sbagliato a noi stessi e agli altri.
Si vince quando si sceglie l’amore più grande. Gesù ha scelto l’amore di Dio, cioè, in altre parole, il compimento della sua volontà, cosa che si è realizzata nello svolgimento della missione affidatagli, quella di annunciare il regno di Dio.
Sono le ultime parole del brano di oggi: “Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”.
Questa parola, oggi, è rivolta ad ognuno di noi.
Convertirsi e vivere il Vangelo non è altro che questo: cercare e voler compiere solo e sempre la volontà di Dio, tutti i giorni e in ogni momento.
Sac. Cesare Ferri rettore Santuario San Giuseppe in Spicello