Testi liturgici: Is 60.1-6; Sl 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12
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“Epifania” è un termine greco che tradotto significa “manifestazione”; corrisponde a quello latino di “avvento” che tradotto significa “venuta”.
La nostra Chiesa d’Occidente celebra la venuta del Signore a Natale; mentre quella d’Oriente la celebra oggi.
Per noi la festa di oggi non è una ripetizione del Natale, ma esprime come l’una sia in funzione dell’altra; in altre parole, la festa di oggi è un approfondimento del motivo per cui è venuto Gesù Salvatore.
Gesù non è venuto solo per il popolo di Israele, rappresentato dai pastori, ma per tutti i popoli del mondo, rappresentato dai magi. È quanto ci ha narrato il vangelo.
Il motivo è stato ben sottolineato anche da Paolo, nella seconda lettura: “Le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo”.
Anche l’Epifania, come il Natale, è imperniata sull’elemento simbolico della luce, bene espresso all’inizio della prima lettura, in cui Isaia si rivolge a Gerusalemme, dicendo: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te”.
Oggi queste parole sono rivolte alla nuova Gerusalemme, che è la Chiesa, cioè a ciascuno di noi.
Dobbiamo fare come i Magi: farci condurre dalla luce della fede che ci porta a scoprire Cristo Gesù.
È chiaro: storicamente non è verosimile che un astro si fermi su una casa; ma per l’evangelista sta a indicare che i magi hanno letto dei segni che li hanno spinti a cercare, non senza impegno e fatica, e hanno trovato.
Anche noi, ne siamo sicuri, se cerchiamo sinceramente il Signore, certamente lo incontreremo.
Anche se qualche volta sembra nascosto per cui viene da dire: “Dov’è il Signore? Mi ha forse abbandonato?”.
È successo anche ai Magi: ad un certo punto si smarriscono, non vedono più la stella.
Sono costretti a chiedere notizie, e proprio ad Erode: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”.
Con una differenza: i Magi, nella loro sincerità, continuano a cercarlo e lo trovano; Erode, falso e schiavo del potere, pur conoscendo la Scrittura che parla di lui, non lo cerca e, pertanto, non lo trova; anzi, combina il disastri che conosciamo.
Quanti disastri nella nostra vita!
Succede ogni volta in cui non ascoltiamo e non mettiamo in pratica quanto ci dice e ci chiede il Signore!
Notiamo il gesto che compiono i Magi: si prostrano davanti al Bambino.
È il gesto tipico di chi si presenta davanti a Dio, per cui essi riconoscono la divinità di quel bambino.
Invece noi, purtroppo, corriamo il rischio di non adorare né brevemente, né a lungo il Signore Gesù.
L’adorazione breve è quando, davanti al tabernacolo ed, ancor più, davanti all’Eucaristia esposta, genuflettiamo o facciamo un profondo inchino. Da evitare quella specie di “sgambetto”, che non dice nulla; e neppure quel segno che chiamiamo “di croce”, ma che è tutt’altro che un segno di croce.
Poi c’è l’adorazione prolungata. È quando ci fermiamo alquanto davanti all’Eucaristia per leggere la Parola, per riflettere, per esaminarci, per pregare, stando anche in silenzio, per affidare la nostra vita al Signore Gesù e chiedere la sua benedizione.
Come è importante questa adorazione!
Sac. Cesare Ferri, rettore Santuario San Giuseppe in Spicello