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A cura di Alfio e Anna

 

Continuiamo il nostro cammino sulla liturgia con una breve relazione, sempre di una decina di minuti, che abbiamo iniziato da qualche sera, questo è il nostro quarto incontro.

Nel primo incontro, brevemente un piccolo riassunto, abbiamo sottolineato l’ambiguità che per certi versi ha il termine Liturgia perché letteralmente significa “azione del popolo”. Abbiamo visto che questo termine è stato usato soprattutto nella traduzione dei LVXX, nell’antico testamento, per indicare l’azione che compie il sommo sacerdote al tempio e da allora è stato utilizzato; mentre in realtà abbiamo scoperto, ovviamente dalla Sacra Scrittura e dal catechismo, che più che parlare di liturgia dobbiamo parlare di εργο το θεου azione di Dio, εργο το Χριστου azione di Cristo, perché è Dio che ci coinvolge e ci chiama a partecipare al dono dei suoi misteri, al dono della vita di Dio. Ecco abbiamo notato che ci sono alcune contraddizioni a volte; noi diciamo andiamo a messa però sarebbe più giusto dire “oggi il Signore mi chiama ancora una volta nella sua grazia a partecipare al suo sacrificio cruento sull’altare e a nutrirmi della sua parola e del suo vero corpo e del suo vero sangue e ad essere in comunione con i miei fratelli”.

Nel secondo incontro abbiamo visto, abbiamo parlato del segno della croce, di quanto sia importante il segno della croce perché è un segno che a volte facciamo distrattamente, quanto invece ci ricorda come se fosse uno σφραγις, un marchio a fuoco, la nostra appartenenza battesimale e la nostra appartenenza a Dio uno e trino, noi siamo inseriti proprio nella vita divina con il battesimo ed è per questo che entrando in chiesa si fa il segno di croce e si immergono le nostre mani nell’acquasantiera prendendo l’acqua benedetta per ricordare il nostro battesimo, si fa all’ingresso e non si fa all’uscita.

Nel terzo incontro abbiamo parlato dell’importanza del silenzio, di quanto il silenzio nella nostra vita quotidiana sia così trascurato perché ascoltiamo poco, perché non sappiamo stare in silenzio perché ci circondiamo di dissipazione e di rumore, molto probabilmente per riempire un vuoto, per fuggire; però cosi facendo manchiamo della capacità dell’ascolto dello Spirito il quale non parla soltanto nel rumore ma soprattutto parla nel silenzio della brezza leggera di Dio. Questo, nella liturgia è molto importante; abbiamo visto che proprio il messale ricorda nelle istruzioni le varie parti in cui il silenzio va osservato con scrupolo. In modo particolare all’inizio di quando entriamo in un luogo santo; non possiamo entrare in una chiesa come se fossimo all’ipercoop, è importante saper mantenere il senso del sacro avere percezione del dono immenso del dono grande che abbiamo e che riceviamo tutte le volte che entriamo in una cappella, in una chiesa, in un santuario. Avere quell’accortezza che Mosè ha imparato quando il Signore gli dice “stai attento togliti i sandali perché questa terra è sacra”.

Questa sera invece parleremo di un altro aspetto sempre riguardante i momenti di ingresso della Celebrazione Eucaristica, non parleremo del canto di ingresso, avremo modo di parlarne, né dell’incensazione che viene fatta, parleremo del bacio che viene fatto all’altare.

Nell’altare è importante anzitutto che sia presente sempre il crocifisso o sopra o di lato perché ci ricorda il significato profondo dell’altare. L’altare non è una tavola, l’altare è Cristo, l’altare è il luogo dove Cristo si dona; sin dall’inizio della vita cristiana, ereditato ovviamente dal culto ebraico, anzitutto l’altare era concepito come luogo dell’offerta del sacrificio.

Nelle prime messe celebrate soprattutto nelle domus nelle grandi case che poi in tempo di persecuzione in alcune casi più ristrette talvolta anche nelle catacombe, si utilizzava l’altare per ricordare veramente la presenza del sacrificio vero e cruento che il Cristo aveva fatto. Il cristiano facendo memoria di questo faceva memoria di qualcosa di estremamente vicino a sé nel tempo e negli avvenimenti ma anche di qualcosa che lo riguardava direttamente perché era il sacrificio a cui partecipava magari in tempi in cui ovviamente il cristianesimo era osteggiato. In tempi di persecuzione quando si parlava di altare il cristiano sapeva benissimo che l’altare era figura di Cristo offerto ed era figura anche della sua vita che veniva offerta; nella chiesa primitiva quindi era ben chiaro questo concetto.

Con i primi santi martiri successivi alle prime persecuzioni cristiane e nell’alto medio evo poi nel periodo centrale del culto dei santi l’attenzione si è un pò spostata perché nell’altare veniva conservato, come avviene ancora, talvolta il santo o il martire o le ossa del martire che si era donato a Cristo, l’altare non era più soltanto figura di Cristo ma era figura anche della Chiesa che si offriva; con il Concilio Vaticano II cambiando leggermente l’impostazione pastorale si è tornati all’impostazione primitiva in cui appunto l’altare è anzitutto Cristo.

Quindi quando il sacerdote si avvicina all’altare e lo bacia in quel momento il sacerdote è figura di tutta la chiesa che bacia Cristo e guardate i gesti sono molto importanti nella liturgia non sono un fatto formale. Soprattutto il bacio che è qualcosa legato alla fase primitiva orale di comunicazione di amore e di nutrimento con l’allattamento, il bacio. Quando il sacerdote bacia l’altare non è soltanto un gesto affettivo ma è un gesto anche effettivo, come sempre accade nella liturgia, cioè significa che io baciando l’altare, il sacerdote e tutta la chiesa con lui, in quel momento voglio dare il mio saluto profondo, la mia adorazione, tutto il mio affetto e il mio amore affettivo ed effettivo a Cristo, quindi baciare l’altare non è un gesto strano è un gesto molto importante, decisivo. Non è un gesto romantico è qualcosa di molto più ampio è una consegna, una professione di fede, baciare l’altare, sia per il sacerdote per tutti noi, che abbiamo accolto l’inno introitale, il bacio all’altare, anche noi con il sacerdote baciamo Cristo.

Cristo, perché non ci dimentichiamo mai anche se siamo uomini e donne, Cristo è il nostro sposo.

Nella famiglia questo è molto importante, non viene forse mai detto o raramente detto il primo sposo per gli sposi cristiani, del marito e della moglie, è Gesù e nella santa messa il primo gesto sponsale che facciamo è proprio questo bacio che il sacerdote da all’altare, quindi è un gesto che va vissuto veramente con fede, con amore, con adorazione, con consegna, noi sposa per lo sposo, in questo modo va vissuto il bacio, quindi è qualcosa di diverso da quello che a volte capita nella liturgia in cui vediamo gesti un pochino isolati e soggettivi, ognuno si gioca un po la liturgia come vuole lui, purtroppo anche alcuni preti cercano liturgie un po particolari più di stupire che di vivere il mistero che accade veramente dove c’è già tutto. Nella liturgia che è così strutturata da sempre dall’inizio della cristianità, non c’è bisogno di sensazionalismo nella liturgia, non c’è bisogno del protagonismo del prete o di qualcuno; ognuno ha il suo ruolo ma tutti siamo in quel bacio all’altare, tutti siamo spose e sposi in Cristo per Cristo in quel bacio avvenuto sull’altare, quindi è importante che i sacerdoti anzitutto se lo ricordino e che non è giusto vivere quel momento con apporssimazione. Nel rito antico, la liturgia antica, quella di dare il volto a oriente in cui si da le spalle all’assemblea, che ha un’altra valenza simbolica, in quel rito ci sono molti baci durante la liturgia, anche questo non è un gesto affettivo è un gesto effettivo è un credo Signore, io ti voglio bene Signore, io ti amo Signore, tu sei il mio tutto, amen!

Questo significa il bacio per il sacerdote e per tutti noi che siamo uniti nel sacerdote che bacia l’altare.

Ci sarebbero altre cose da dire ma non la faccio troppo lunga.

Semplicemente questo c’è da dire: i gesti – come dicevamo prima - nella liturgia sono importanti. A volte c’è l’abitudine da qualche parte di fare le omelie troppo lunghe e questo non va bene perché l’omelia deve essere breve. Nella liturgia "si dicono" un sacco di cose, l'omelia non è una catechesi è un ambito diverso, si spezza la parola. C'è infatti il rischio che diventiamo talmente attaccati a quello che diciamo o che viene detto che dimentichiamo il fatto di tutta la liturgia che parla, tutti i segni parlano, parlano in maniera diversa hanno un linguaggio diverso, il bacio all’altare vuol dire questo è già una parola enorme è un gesto d’amore effettivo, il segno di croce, il silenzio, il canto introitale, l’incensazione, tutto questo parla. Siamo disabituati a questo e allora che succede? Succede che siccome siamo disabituati al linguaggio dei segni noi cerchiamo i segni in altre cose. Non parlo di esagerazioni di famiglie, di fratelli e sorelle, che vanno a ricercare il pendolino, però magari stiamo troppo davanti alla televisione cioè ci nutriamo di altre immagini. Ma nella liturgia c’è tutta l’ immagine c’è tutto, c’è la parola, c’è Cristo che si dona con il vero corpo con il vero sangue, c’è la preghiera stupenda che viene fatta da 2000 anni durante la consacrazione, c’è il canto del Padre nostro. La liturgia è talmente piena è tutta una Parola è tutta una comunione, tutto un annuncio ed ecco perché i segni sono importanti, ed ecco perché nella liturgia è importante che viviamo i segni di comunione insieme.

Per questo ci si alza in certi momenti, in alcuni si sta seduti in altri momenti si suggerisce di stare in ginocchio; ecco perché la liturgia è tutto un momento che parla.

Allora questa sera il pensiero che la chiesa ci dona, che il Signore ci dona è questo: quando assistiamo alla s. Messa, lo dico ai sacerdoti presenti e a noi, ricordiamoci di quel bacio che viene dato all’altare, non è un gioco baciare, vuol dire tutta la persona, tutto l’affetto, tutto il desiderio, tutta la volontà, tutti i sogni, tutte le ansie, tutte le preoccupazioni, tutte in quel bacio nell’altare e veramente allora diventiamo anche noi non soltanto coloro che baciano l’altare ma anche Cristo ci bacia e ci dà la sua benedizione.


Paul Freeman