teofania-5Sbobinamento dall'audio a cura di Massimo e Loredana

Prima Meditazione sulla liturgia - Spicello 07/03/2013

Questa sera il Signore ci ha regalato un bel momento di preghiera; è lo Spirito Santo che fa cose belle nella Chiesa, e promuove la santificazione, e, come anche ci ha ricordato don Cesare nella riflessione a braccio, ci ricorda quello che dice San Paolo nella lettera ai romani al capitolo 8: lo Spirito Santo ci ricorda le cose fondamentali che spesso dimentichiamo e ci spinge "dal di dentro".

Abbiamo bisogno costantemente di fare memoria e quindi è stato, come dire, volere anche del gruppo liturgico di questo santuario, il desiderio di proporre, con una scadenza molto ampia e quindi una volta al mese, dei brevi momenti formativi sulla liturgia.

Uno dei motivi fondanti da ricordare, che ci ricorda anche il Concilio Vaticano secondo nella Sacrosantum Concilium, è questo: la liturgia è fonte e culmine della vita cristiana.

C’era un santo, S. Leonardo, che diceva che una messa ben vissuta, e soprattutto ben ascoltata, vale più di una vita di digiuni.

Quindi per noi è importante ri-centrare il significato profondo della liturgia.

Questo non è un incontro accademico ma un momento pastorale formativo.

Cominciamo subito col chiarire un equivoco, sul termine "Liturgia" proprio dal punto di vista etimologico: il termine liturgia viene dal greco e significa azione del popolo.

È un termine che è stato utilizzato dalla grecia antica, soprattutto in un’epoca ellenistica, per ricordare le azioni che il popolo faceva nei confronti del governo e della res pubblica. Quindi se c’era da "manifestare una iniziativa", da organizzare delle feste, organizzare qualcosa di pubblico utilizzo, veniva convocata e coinvolta l’azione del popolo. Da qui il termine liturgia. Questo termine poi è stato utilizzato nella prima traduzione greca dell’antico testamento, nella traduzione dei 70 per indicare invece un’altra cosa, il culto, soprattutto quello del sommo sacerdote che veniva fatto al tempio.

I settanta ad Alessandria, che hanno tradotto in greco, come dice la leggenda tradizionale, l’antico testamento, hanno pensato di tradurre il termine ebraico di dare culto a Dio, in due termini in greco: Liturgia, indicando il culto che il sommo sacerdote dava a Dio nel tempio e poi il termine Latria, che semplicemente significa adorazione, tant’èvvero noi sappiamo che l’adorazione spetta solo a Dio, mentre la Dulia cioè la venerazione, ai Santi, mentre l’Iperdulia, una forma straordinaria di venerazione, è quella speciale dovuta alla Madonna.

Perché, ora, questo chiarimento sul termine? Perché in realtà sul termine liturgia è nato un grosso equivoco : che in realtà la chiesa, da sempre e il concilio vaticano secondo, poi, ha corretto. Questo equivoco non ci deve essere, perché la liturgia come noi la celebriamo, in modo particolare nel momento più importante che è la S. Messa, non è azione del popolo ma è azione di Dio, e opera di Dio. In modo particolare ci viene ricordato nella lettera agli ebrei, e anche dalla Sacrosantum Concilium, che la liturgia è la presenza del sacerdozio efficace di Cristo.

C’è una definizione interessante, che viene data dal compendio del catechismo, che invito ad avere a casa e a leggerlo, perché il catechismo ha la valenza di tradurci il concilio vaticano secondo, e questo compendio ci aiuta con piccole pillole a comprendere il catechismo.

Il compendio al n° 211, rifacendo a ciò che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n’1077-1083-1110 dicecos':

nella liturgia il Padre ci colma delle Sue benedizioni nel Figlio incarnato morto e risorto per noi ed Egli effonde nei nostri cuori lo Spirito Santo. Nel contempo la chiesa benedice il Padre con l’adorazione, la lode e l’azione di grazia e implora il dono del suo figlio e dello Spirito Santo.

Domanda successiva - perché procede per domande - : Qual è l’opera di Cristo nella liturgia? Nella liturgia della chiesa Cristo significa e realizza principalmente il proprio mistero pasquale, donando lo Spirito Santo agli apostoli, ha concesso loro e ai loro successori, il potere di attuare l’opera di salvezza per mezzo del sacrificio eucaristico e dei sacramenti, nei quali egli stesso agisce per comunicare la sua grazia ai fedeli di tutti i tempi e in tutto il mondo .

Quindi la prima cosa che dobbiamo correggere nel nostro linguaggio è che la liturgia non è un’azione nostra ma è Dio, Cristo sacerdote, è Dio e tutta la Trinità che agisce .

Quindi questo ci aiuta a fare discernimento perché noi sappiamo che la religiosità che cos’è: è quando noi ci sforziamo di andare verso il soprannaturale.

C’è anche una religiosità che è lo sforzo di andare verso Dio. Ma la fede è un’altra cosa: La fede è Dio che si dona e si rivela. La religiosità è nostra azione, invece la fede è dono di Dio. Allora c’è il rischio che anche noi oscilliamo tra questi due termini e atteggiamenti, e a volte viviamo i momenti liturgici - compresa soprattutto la Santa Messa - più con religiosità, volte quasi come pagani. Anzi peggio, perché pur sapendo le cose di Dio, conoscendole perché abbiamo ricevuto un annuncio, abbiamo fatto o ricevuto una catechesi leggiamo le cose di Dio, però forse le viviamo ancora come un’opera nostra, cioè diamo un’immagine della liturgia come se il soggetto vero non è Cristo ma siamo noi che la compiamo.

Questo è un errore gravissimo, non ci mette nelle condizioni anzitutto di ascoltare. Mette noi stessi che sia un io solo, di uno o di una o della comunità al centro. Però non è così, il centro è Cristo nella liturgia è sempre Cristo.

Faccio alcuni esempi:

per esempio non sono io che vado alla messa ma è Dio che mi chiama, certo io ci vado e quindi io partecipo alla messa ma è Dio che mi chiama, non sono io che faccio qualcosa, sono io che rispondo a Dio che mi chiama, a Dio che mi interpella.

Io non partecipo alla messa, ma assisto alla messa, e proprio perché assisto, partecipo, e questo è totalmente diverso. Quando si mette l’accento sulla partecipazione, rischiamo di essere induriti all’azione dell’ascolto e della grazia. Pensiamo che il protagonista della liturgia siamo noi, quando, invece, non è così. Non sono io, questo lo dice anche il concilio mettendo a posto un pochino la creatività che crea gesti liturgici di qualcuno, ma sono io che custodisco quello che mi viene donato. Ci sono alcuni parti per esempio, poi lo vedremo con calma nel nostro cammino, nella Santa messa che sono proprio intoccabili, che sono ciò che Dio stesso nel suo figlio, ci ha detto: prendetene e mangiatene tutti, questo è il Mio corpo, fate questo in memoria di Me.

Lo stesso S. Paolo alla lettera ai corinzi, capitolo 11 ricorda: quello che io ho ricevuto così ve lo trasmetto ripetendo le parole della consacrazione , che sono intoccabili , sono il perno dell’azione di Cristo.

Quindi la liturgia non è un momento in cui io sono protagonista. Anche la preghiera che abbiamo fatto stasera, abbiamo cantato, abbiamo fatto risuonare la parola, abbiamo fatto delle preghiere spontanee, abbiamo pregato con il nostro cuore.. certo partecipiamo con tutto questo, siamo qui coinvolti, ma il protagonista chi è? Cristo che ci ha chiamato, ci ha dato il dono del tempo, ci ha dato l’azione dello Spirito per venire qui ci ha suscitato la preghiera, è Cristo protagonista della liturgia, dei nostri momenti . Noi siamo protagonisti in Lui. Non svolgo un ministero nella comunità e nella liturgia, ma sono chiamato a un ministero sotto discernimento.

Vedete come cambia tutto, perché se al ministero non sono chiamato, ma lo svolgo io, tutte le volte che questo ministero mi viene tolto, io mi arrabbio, perché io in quel momento associo me stesso, a quel ministero, metto me stesso al posto di Cristo, e quindi non faccio più un’azione liturgica .

Non organizzo io oppure non organizziamo noi la liturgia ma rispecchiamo il significato profondo, dell’azione di Cristo, del sommo sacerdote, quindi questo che significa? Che la liturgia va curata , perché ci avviciniamo al Signore. Sarebbe bello se portassimo nel nostro cuore quell’atteggiamento che era proprio di Mosè, quando vede questa meraviglia del roveto che brucia e non si consuma. Viene invitato a togliersi i calzari dai piedi perché quella terra è santa. Inizia, allora, un dialogo con Dio. Anche noi quando ci accostiamo alla liturgia, non possiamo essere troppo approssimativi, superficiali, nel fare della liturgia, intesa come gesti che noi compiamo , qualcosa di sacrale , ma è qualcosa di rispettoso di Cristo che si manifesta . Vedremo poi strada facendo, tanti piccoli atteggiamenti, tanti piccoli scivoloni, molto pratici in cui cadiamo, in cui pensiamo che la liturgia sia un qualcosa di nostro, non sia invece un dono, una chiamata che Dio fa a ciascuno di noi.

Noi tendiamo tutti quanti, fa parte del peccato originale, e dei peccati nostri, a manipolare, a pensare che siano momenti nostri, che siamo bravi, che valiamo perché facciamo bene quella lettura, quel ministero, perché abbiamo un ruolo nella comunità, tendiamo sempre ad appropriarci di ogni cosa: siamo un po’ come la gramigna, tendiamo sempre ad appropriarci di tutto mentre nella vita spirituale non è così, è Dio il protagonista, Cristo e l’azione del suo Santo Spirito che sono protagonisti nella nostra vita, quindi non sono io che faccio liturgia, ma è la liturgia che compie e fa me . La liturgia mi realizza. La liturgia mi definisce, come singolo e come comunità.

Dopo che noi abbiamo ricevuto il primo annuncio in cui abbiamo aderito alla fede, la liturgia assume subito importanza primaria. Certo non va distaccata da tutto ciò che sono le opere di carità ci mancherebbe altro, sarebbe non autentico. Però è importante vivere la liturgia come quel momento in cui Dio si fa presente, in cui Dio mi cambia la vita, in cui Dio parla al mio cuore, in cui Dio mi istruisce, in cui Dio è protagonista, perché se lo è nella liturgia lo sarà anche nella vita, altrimenti la nostra vita diventa dissociata dalla liturgia diventa un obbrobrio.

Tanti disastri che ci sono nel mondo, compresa la nostra povera Italia martoriata, dipende purtroppo spesso da noi cattolici, che abbiamo dimenticato di nutrirci al sacerdozio di Cristo nella liturgia. Non siamo stati lievito nella società, non siamo stati sale nella società, e quindi abbiamo smarrito la nostra vocazione. Non si vive di compartimenti stagni, la vita è un prolungamento di quello che si compie nella liturgia e dunque è azione di Dio. Ci sarebbero tante cose ancora da dire, ma le vediamo magari un pochino più avanti. Proprio nel discorso di introduzione di Paolo VI fatto sulla presentazione dei documenti del concilio dice così: Il concilio è come una sorgente dalla quale scaturisce un fiume. La sorgente può essere lontana ma, la corrente del fiume ci segue. Il concilio non ci obbliga tanto a guardare indietro all’atto della sua celebrazione, ma ci obbliga a guardare all’eredità che esso ci ha lasciato... bisogna fare attenzione agli insegnamenti del concilio.. è importante che sappiamo difendere la tradizione, con sapienza con vigore e con fiducia. Perciò il concilio aiuta i fedeli, cioè noi, maestri, o discepoli che siamo, a superare gli stati d’animo di negazione, di indifferenza, di dubbio e quelli di soggettivismo , che sono contrari alla fortezza e purezza della fede .

Il primo documento del Concilio Vaticano II redatto è stato appunto quello sulla liturgia, la Sacrosantum Concilium. Il concilio è partito dalla liturgia, fonte e culmine della nostra vita cristiana. Ricordiamoci sempre che la liturgia non è tanto azione nostra, ma soprattutto azione di Dio , che ci interpella, ci chiama, quindi non appropriamoci delle cose sante, facciamoci appropriare da Dio, facciamoci possedere da Cristo, facciamoci inondare dall’azione dello Spirito Santo.

La prossima volta , incominceremo l’analisi sistematica anche in maniera molto pratica, della Santa Messa.

 

Paul Freeman