Riflessioni di don Ferri in esercizi
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
7 dicembre 2024 * S. Ambrogio vescovo
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Non temeteEsercizi Spirituali 2017
Rilessione dettata a famiglie dal rettore Sac. Cesare Ferri nel corso svolto a Roverè Veronese nei giorni 16-17 giugno 2017
2.IO SONO CON VOI - 
Gesù assicura la sua presenza
(Testo base di riferimento Mt 28,16-20)
Per il documento: clicca qui

Premessa
Il brano che abbiamo ascoltato riepiloga tutto il vangelo, che significa proprio “Buona notizia”.
Qual è questa buona notizia?
Consiste nel fatto che Gesù è morto ma poi è risorto; che è salito in cielo e si è reso invisibile, ma garantisce la sua presenza viva e operante in mezzo a coloro che lo seguono e che continuano ad annunciare questa buona notizia. Sono coloro che – collegandoci alla meditazione precedente – vivono e si comportano da missionari.

Nella Bibbia il “Non temete! Io sono con voi”, o espressioni analoghe, si legge moltissime volte; qualcuno dice che lo si legge per ben 365 volte, come a voler significare che è un richiamo per ogni giorno di vita.
Noi possiamo ben gioire perché, a titolo speciale, godiamo di tale garanzia anche in casa nostra. Tale verità è stata espressamente rivelata anche a don Alberione, valida per lui e per la Famiglia Paolina.
Egli narra che in un momento di particolare difficoltà, ha avuto un’assicurazione, promessagli dal Maestro divino.
Ecco le testuali parole: “Nel sogno, avuto successivamente, gli parve di avere una risposta. Gesù Maestro, infatti, diceva: Non temete, io sono con voi. Di qui io voglio illuminare”.
Ed in altra circostanza dice ancora: Come mi è chiaro quello che ho visto in fondo alla Casa (in Alba), in quella camera, in uno di quei giorni in cui io non lavoro: Il Divino Maestro passeggiava ed aveva vicino alcuni di voi e ha detto: Non temete, io sono con voi; di qui voglio illuminare; solo conservatevi nell’umiltà… e, mi sembra, abbiate il dolore dei peccati”.
Il dono promesso si è concretizzata nella formula che chiamiamo il “Patto o segreto di riuscita”, di cui parlerò in seguito, cosa che per noi è di grande consolazione.
Ovviamente, non che questo sia di appartenenza solo paolina, perché a modo proprio per ciascuno, vale per ogni vocazione e missione.
Ogni persona, infatti, ogni famiglia religiosa, ogni realtà ecclesiale, in qualche modo ed in consonanza con la propria vocazione e missione, gode di una privilegiata assistenza.
Del resto, non è altro che quanto Dio promette ai grandi profeti di in ogni tempo. Lo promette soprattutto a chi si trova all’inizio ed è responsabile delle opere e dei prodigi che il Signore si accinge a compiere attraverso di loro.
La “Famiglia Paolina” – a cui l’Alberione non esita ad attribuirgli l’aggettivo di “Mirabile” - non è forse un grande prodigio?

Alcuni episodi biblici.
Prima di addentrarci nello specifico riferito a noi, credo opportuno citare alcune delle citate espressioni bibliche che ci aiutano a capire e meditare come il Signore ci vuole veramente bene. Ognuna, se ben considerata e rapportata a certe nostre situazioni capitateci, ci spinge a lodare e ringraziare il Signore stesso.
In esodo il Signore si rivolge a Mosè: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto… Ora va’! Io ti mando dal faraone. Fa uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!”. Mosè risponde: “Chi sono io per andare dal faraone e far uscire dall’Egitto gli Israeliti?”. Ed il Signore: “Io sarò con te!” (Es 3, 7-12).
Successivamente Mosè espone al Signore le proprie difficoltà in ordine alla riuscita della missione: “Mosè disse al Signore: Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua.
Il Signore gli dice: Chi ha dato una bocca all’uomo o chi lo rende muto o sordo, vedente o cieco? Non sono forse io, il Signore? Ora va’! Io sarò con la tua bocca e t’insegnerò quello che dovrai dire” (Es 4, 10-17).
A Gedeone è venuta meno la speranza e la fiducia nel Signore, perché Israele, anzi che godere della libertà promessa, si trova schiavo del fortissimo popolo dei Madianiti. Si ritiene incapace di affrontare il popolo invasore.
Ed il Signore a lui: Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io? … Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo” (Gdc 6, 14-16).
Il profeta Geremia, si ritiene giovane e incapace di parlare e perciò è tentato di rifiutare.
Ed il Signore: “Non dire: Sono giovane, ma va’ da coloro a cui ti manderò e annunzia ciò che ti ordinerò. Non temerli perché io sono con te per proteggerti. Ecco ti metto le mie parole sulla bocca” (Ger 1, 4-8).
A Paolo, giunto a Corinto per fondarvi la Chiesa, non gli mancano difficoltà: “Paolo si dedicò tutto alla predicazione, affermando davanti ai Giudei che Gesù era il Cristo. Ma poiché essi gli si opponevano, disse: D’ora in poi mi rivolgerò ai pagani, e se ne andò di là.
Una notte in visione il Signore disse a Paolo: “Non aver paura, ma continua a parlare e a non tacere, perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città” (At 18, 9-10).
Anche don Alberione ha presentato analoghe difficoltà ed ha avuto simili risposte.
È quello che ora vogliamo prendere in considerazione.

Il patto o segreto di riuscita
Innanzitutto ci domandiamo quali siano le condizioni per esperimentare la presenza di Dio veramente operante nella nostra vita.
La condizione base è quella di essere rivestiti di umiltà e di fede, come sopra citato nel racconto del sogno di Alberione: “Conservatevi nell’umiltà, abbiate il dolore dei peccati”.
Paolo afferma: “Tutto posso in Colui che è la mia forza” e, per lo stesso motivo, don Alberione dice: “Da me nulla posso, con Dio posso tutto”.
Don Alberione ha voluto tradurre tale stile di vita in una formula di preghiera. Essa, sin dal 1919, è stata la preghiera per eccellenza, allo scopo di ottenere la riuscita nell'altissima missione.
È un "patto", cioè un'intesa intercorsa col Maestro Divino, attraverso l’intercessione di Maria Regina degli Apostoli e di san Paolo. Vi è lo scambio di un qualcosa.
L'iniziativa parte da Dio, per i suoi disegni, e vale per tutta la discendenza paolina, alla stessa maniera come è avvenuto per Abramo e per tutta la sua discendenza.
Esso poggia su tre punti.
Il primo, come detto, è che l’iniziativa parte da Dio. Egli chiama ad una grande missione, invidiata dagli angeli; chiama per una grande gloria, riservata alla Famiglia Paolina; chiede l'impegno per raggiungere un alto grado di perfezione.
Il secondo, è il riconoscimento della nostra incapacità. Si tratta di riconoscere la nostra debolezza, fisica e morale; l’ignoranza sul disegno di Dio; l’insufficienza in tutto, sia nella scienza, come nell'apostolato e nella povertà.
Il terzo, è la nostra piena fiducia nel Signore. In sintonia con Paolo, riconosciamo che il Signore sceglie gli ignoranti per confondere i sapienti; sceglie i deboli per vincere i forti; sceglie gli strumenti più incapaci, proprio perché si veda che l'opera è sua, e non nostra.
Don Alberione non ha mai rivelato espressamente quanto intercorso tra il Signore e lui, ma sta di fatto che egli ha sempre presentato questo patto come la cosa più importante da credere e da vivere nella Famiglia Paolina, tanto da invitare, coloro che ne avessero messo in dubbio il valore, ad uscire dalla Congregazione, perché non sarebbero riusciti nella vocazione e missione.
Volendo esprimere con una parola, esso consiste in una “moltiplica”, in un “di più”. E' possibile questo?
Certo! Come può avvenire con una bicicletta, usando il rapporto della “marcia in più”. Sono le parole di don Alberione, ben spiegato da don Giaccardo.
Egli, il 26 gennaio 1919, così scrive: "Ieri abbiamo celebrato la festa della conversione di san Paolo ed è servita da ritiro mensile. Il caro padre ci tenne la meditazione e ci ha detto, con la sua parola piena d’ardore e d’ispirazione, come sempre quando tratta questi argomenti.
Nella via della santità si può progredire per uno, per cinque e anche per dieci, come nelle biciclette: con un giro di gamba si può correre un metro e anche fino a dieci metri.
Così voi dovete avere una moltiplica: in una comunione, come in dieci comunioni; in un rosario, come in dieci rosari".
Lo stesso criterio è esteso agli altri settori, quali la povertà, l’apostolato, lo studio.
Ovviamente il "patto" non è unilaterale. Come quando si va al mercato – continua l’Alberione – tanto più si compra quanto più denaro si presenta.
Il denaro da parte nostra è associare sempre umiltà e fede: "Da me nulla posso, con Dio posso tutto"; impegnandoci al massimo “per la gloria di Dio e per la salvezza e la pace degli uomini".
Dio è certamente fedele; noi però – continua a dire - potremmo venire meno al patto e all'impegno. Ecco perché il patto conclude con il: "Trattaci con la misericordia usata con san Paolo".
Pertanto, il Signore non guardi alle nostre miserie e disobbedienze, ai nostri limiti e peccati; ma guardi alla sua bontà, tenendo in considerazione la nostra buona volontà e il nostro impegno.
Ecco perché noi diciamo sempre: "Gesù Maestro, abbi pietà di noi"; ed ecco perché Lui ripete sempre: "Non temete, io sono con voi".

Raffronto di don Alberione con Abramo
A questo punto credo bene mettere a raffronto Abramo e Alberione, ambedue gli uomini della fede.
Analogamente ad Abramo, Alberione ha il coraggio di partire per una terra nuova, lungo vie non ancora battute, verso un territorio da evangelizzare o rievangelizzare, con nuovi strumenti.
Sa che è portatore di un futuro per la Chiesa e che diventerà padre di una discendenza senza numero.
Per Alberione il “figlio della promessa” è don Giaccardo, come per Abramo lo era stato Isacco. Analoga è pure la prova, consistente nella richiesta di sacrificare tale figlio.
Quale la prova per Alberione?
La maggioranza del clero diocesano di Alba non vedeva possibile ordinare presbiteri coloro che indossavano “tuta e giacca”.
“Sei disposto – dice il vescovo al Giaccardo – a rinunciare al sacerdozio?”.
Il Giaccardo è pronto a rinunciarvi pur di rimanere con don Alberione. Come per Abramo è bastata la disposizione del cuore, così lo è stato per il Giaccardo; verrà ordinato sacerdote e nel contempo rimarrà con don Alberione.
Trasferito a noi, cosa dobbiamo fare quando siamo in difficoltà?
Il popolo di Israele, rivolgendosi a Dio nelle difficoltà, richiamava Abramo: “Ricordati, Signore, delle promesse fatte ad Abramo, nostro padre, ad Isacco, tuo servo, a Giacobbe, tuo santo. Non ritirare da noi la tua misericordia” (Dt 3, 16).
Così anche noi, nelle varie difficoltà, dovremmo ripetere: “Ricordati, Signore, di quello che hai promesso a don Alberione”.
Si dimenticherà Dio della promessa fatta? Riusciremo noi ad essere fedeli al patto?
Ed allora, ecco la strana cambiale messa in atto da don Alberione.
Se Dio, da parte sua, certamente rimane fedele alle promesse, ciò potrebbe non avvenire da parte nostra.
Allora, ci vuole una garanzia. Don Alberione usa uno stratagemma, alla maniera di chi firma una cambiale, proprio a garanzia del pagamento del debito.
Prende un foglio di carta semplice per firmare, appunto, una strana cambiale.
Il titolo: Cambiale. Poi sotto: “Cercate, prima di tutto, il Regno di Dio e la sua giustizia. F.to: don Alberione – don Giaccardo”.
Poi sotto ancora: “Tutto il resto vi sarà dato in soprappiù. F.to: Gesù Cristo – Padre per garanzia – Spirito Santo per garanzia”.
E’ il patto di alleanza che Dio fa con don Alberione e con la Famiglia Paolina. Successivamente è formulato, come sopra detto, nel “Patto o segreto di riuscita”.
In poche parole dove sta il nostro impegno per la riuscita, per avere veramente la “moltiplica”?
Nella semplice ed impegnativa osservanza della parola evangelica: Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, il resto vi sarà dato in sovrappiù”.
È proprio su questo punto che dobbiamo esaminarci, perché è su questa osservanza che si realizza tutto: santità vera ed apostolato efficace.
Infatti e purtroppo – come già riflettuto nella prima meditazione - molto spesso le varie incombenze diventano più importanti di Dio stesso, ed allora il patto non funziona!

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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