Riflessioni di don Ferri in esercizi
"Vieni al Padre, fonte di Misericordia"
8 dicembre 2024 * Immacolata Concezione
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Santa Famiglia di Nazaret
Minicorso di Esercizi Spirituali 2020 sulla scorta del tema proposto dall'ISF
3.La Santa Famiglia di Nazaret -
Cristificarsi come coppia e come famiglia sull'esempio di Giuseppe, Maria e Gesù
(Testo base di riferimento Lc 2, 21-52)
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Premessa
Il tema proposto potrebbe far sorgere una domanda. Nulla da dire sul cristificarsi come persona, ben si addice anche come coppia, mentre potrebbe lasciarci perplessi quando il cammino è riferito alla famiglia.
In realtà, questo vale anche per ogni comunità, perché anch’essa chiamata a fare un cammino di cristificazione, modellandosi come tale su Cristo. Se questo vale per ogni comunità, tanto più per quella familiare che è la comunità in assoluto.

Il brano evangelico lo mostra e lo conferma nei due episodi raccontati, di carattere eccezionale nell’ordinario della vita, ma validi per qualsiasi altro momento della quotidianità.

Il primo episodio ci mostra Gesù bambino, il secondo lo stesso Gesù che, raggiunta l’età dei dodici anni, entra nel mondo degli adulti.

La presentazione al tempio

La cosa da sottolineare, nella presentazione al Tempio, è che Maria e Giuseppe sono fedeli alla Legge del Signore nel compiere quanto richiesto da essa, anche se per loro non sarebbe stato strettamente necessario. Infatti, la maternità di Maria non aveva bisogno di essere purificata, non essendo avvenuta con un rapporto umano; la persona di Gesù non aveva bisogno di essere offerta a Dio Padre perché lui stesso era Dio.

Eppure la osservano e con ciò si presentano a noi come modelli.

In cosa consiste la legge?

Si tratta di due prescrizioni che riguardano una la madre e l’altra il neonato. Per la donna è prescritto che si astenga per quaranta giorni dalle pratiche rituale, dopo di che offra un duplice sacrificio: un agnello, una tortora e un colombo; ma se la donna è povera, può offrire solo due tortore o due colombi.

Nel brano è precisato che Maria e Giuseppe offrono il sacrificio dei poveri, e questo per evidenziare che Gesù è nato in una famiglia di gente semplice, umile e nel contempo molto credente.

Per il primogenito maschio, il quale secondo la Legge di Mosè sarebbe stata proprietà di Dio, era invece prescritto il riscatto, stabilito nell’offerta di cinque sicli, da pagare ad un sacerdote in qualsiasi luogo.

E’ importante osservare che per questi due atti – la purificazione della madre e il riscatto del figlio – non era quindi necessario andare al Tempio di Gerusalemme.

Invece Maria e Giuseppe compiono tutto nel tempio, come a voler mettere l’accento su Gesù che vi entra come a voler dire che non appartiene ai genitori, ma al Padre celeste.

Nell’episodio troviamo anche il tema della sofferenza in cui Simeone pronuncia la sua profezia sul Bambino e sulla Madre con queste parole: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione, anche a te [Maria] una spada trafiggerà l’anima”.

La “salvezza” che Gesù porta al suo popolo passa attraverso la croce. Egli la trasforma ad una oblazione della vita, fatta per puro amore. Questo vivere bene la vita, a costo di ogni sacrificio, vale ed è richiesto a tutti noi.

La famiglia vive la presentazione al tempio

Ciò premesso, applichiamo il gesto e il significato della presentazione riferendolo proprio alla famiglia.

La prima cosa che risalta è che si tratta di dover essere obbedienti al Signore, perché non la nostra ma la sua volontà sia fatta.

La seconda cosa è quella di mettere in atto la volontà di accettare la vita e viverla tutta come atto di donazione. Infatti, se la vita è un dono che ci ha fatto il Signore, la vogliamo trascorrere come un altrettanto dono fatto sia a lui che agli altri, senza risparmiarci.

La terza è quella di lasciarci illuminare dallo Spirito, come lo è stato per Simeone. Una volta illuminati, è avere quella capacità di riflettere la luce sugli altri, nell’osservanza della parola di Gesù: “Voi siete la luce del mondo”.

La quarta è quella di assomigliare a Simeone. Egli rappresenta il simbolo della fedeltà del popolo di Israele che aspetta con fiducia la venuta del Messia. Ecco che ancora una volta sale al Tempio sperando di poterlo vedere. Ormai è anziano e il brano lascia intuire la sua stanchezza interiore, che è la stanchezza di tanti anziani.

Ecco, pertanto, che Simeone è il simbolo dell’ansia profonda di ogni uomo, perché la vita è sempre un desiderio insoddisfatto, per cui la vita è cammino e nel contempo è una attesa.

Attesa di luce, di salvezza, di qualcosa che sbrogli la matassa delle nostre inquietudini e dei nostri “perché”.

La quinta è quella della preghiera intensa di Simeone, che finalmente vede l’atteso. È una preghiera bellissima: “Ora lascia che il tuo servo vada in pace”.

Ora è sazio, è soddisfatto, ora ha capito, ora può andare, ora i conti tornano. Sono sufficienti tre minuti per dare senso e luce a tutta una vita di sofferenze, tre minuti per dare luce ad una vita di attesa.

Che il Signore ci conceda, nell’arco della nostra vita, almeno questi tre minuti.

Il ritrovamento al tempio

È l’unico episodio che i Vangeli narrano sugli anni passati da Gesù a Nazareth, l’unico che interrompe il lungo silenzio. Ci dice che è un avvenimento di grande importanza profetica, proprio perché – anche se non appare a prima vista – farebbe riferimento al mistero pasquale di Cristo.

Lo smarrimento di Gesù e la sua scomparsa, indicano quella che sarà la sua morte. I tre giorni angosciati di ricerca, con l’ansia di rivederlo, si riferiscono ai tre giorni passati da Gesù nel sepolcro; il gioioso ritrovamento è un chiaro preannuncio della sua risurrezione.

Comunque, l’episodio sconcerta Maria e Giuseppe che lo cercano "angosciati" per tre giorni e che "non comprendono" pienamente la spiegazione data dal Figlio: “Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?”.

Eppure nella risposta di Gesù c’è il riferimento a quanto già i genitori avevano fatto presentandolo al tempio. Se ne erano forse dimenticati?

Lo avevano offerto al Padre, nella quale sia Maria che Giuseppe, riconoscono che non era loro proprietà.

Pur tuttavia, al momento la risposta resta oscura sia Maria che a Giuseppe, tanto che il Vangelo lo nota esplicitamente: "Ma essi non compresero le sue parole".

La famiglia vive lo smarrimento al tempio

Quante volte i genitori si lamentano per il comportamento dei figli!

Qual è il ruolo specifico dei genitori nei confronti dei figli?

È il ruolo di chi deve aiutarli a scoprire e a realizzare la particolare e personale vocazione che da Dio hanno avuto origine e che in lui avrà il suo compimento.

Il genitore – mettiamoci pure i nonni ed ogni educatore - non è signore del figlio, né padrone. È custode della sua esistenza nella quale si fa servo dello Spirito Santo. È lo Spirito Santo che, attraverso i genitori, parla al cuore dei figli; la fa per orientarli alla perfetta obbedienza al Padre, sul modello di Gesù.

I figli non devono essere come li vogliamo noi, ma attraverso di noi come li vuole Dio.

La Vergine Maria anche in questo è esemplare. Ella, pur a volte non comprendendo, non ha progetti personali sul Figlio. Accoglr costantemente la volontà del Padre, sia a Nazareth all’annuncio del suo concepimento, sia ai piedi della croce, offrendo il martirio della propria anima.

Anche per Maria la volontà del Padre è stata l’unica legge a cui sottomettersi, pur non sempre comprendendo – lo sottolineo ancora - il mistero che vedeva realizzarsi dinanzi ai suoi occhi.

Purtroppo, mancando questa visione di fede, le nuove generazioni sono sballottate in mezzo ai venti burrascosi delle opinioni umane.

Ed ecco bambini, adolescenti e giovani che sono lasciati soli nei momenti importanti della loro crescita con il rischio di cadere nella tentazione a commettere sbagli anche molto gravi.

Urge un cambiamento di mentalità, una vera e propria conversione al Vangelo. Infatti, la persona umana necessita di una crescita integrale.

L’uomo è corpo, anima e spirito. Deve crescere in età, sapienza e grazia, come Gesù. Trascurare anche una sola di queste dimensioni significa impedire loro di potersi realizzare pienamente, rimanendo una persona piuttosto “nana”, non realizzata nella totalità.

Infatti, come il corpo va nutrito con la giusta alimentazione, va curato con accortezza, va rispettato nei suoi ritmi naturali e non va maltrattato per inseguire i propri istinti, così l’anima e lo spirito devono crescere in conoscenza ma anche in sapienza.

Nel tal caso, la Sapienza sta nella capacità di discernere il bene dal male, sapendo leggere tutto alla luce della verità del Vangelo. L’anima si deve irrobustire attraverso un contatto costante con la grazia di Dio e con lo Spirito Santo.

A conclusione dell’episodio dello smarrimento e ritrovamento di Gesù nel Tempio notiamo che Maria e Giuseppe non chiedono altro; si fidano di Dio e tornano a casa, dove Gesù si comporterà da figlio obbedientissimo: “Partì con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso".

 

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"... io piego le ginocchia
davanti al Padre,

dal quale ogni paternità
nei cieli e sulla terra." (Ef. 3,14-15)

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