
Carissimi lettori,
mi ricollego a notizie precedenti per dire che sono iniziati i lavori per la messa in opera, lungo il viale del parco, delle edicole esterne che richiamano le cinque riflessioni da meditare nella recita del "Rosario con San Giuseppe". Vi sono due schemi.
Il primo, dopo il brano evangelico, contiene alcune espressioni tratte dalla "Redemtoris Custos" di Giovanni Paolo II, pubblicata il 15 agosto 1989.
Il secondo, espressioni tratte dal discorso di insediamento di Papa Francesco, del 19 marzo 2013.
Di seguito i relativi testi che raccoglieremo in un fascicolo. Potrà essere utilizzato da coloro che vorranno compiere la relativa pia pratica.
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Ave, o Giuseppe
Introduzione alla formula
La formula “Ave, o Giuseppe” non è una novità. Però, riportata da libri di preghiere a San Giuseppe o dietro qualche immagine del Santo, ha dato origine a reazioni contrastanti.
Per alcuni si tratterebbe di una novità della fine del XIX secolo, fiorita nel periodo di diffusione del culto di San Giuseppe sotto il pontificato di Pio IX e, perciò, senza profonde radici nella tradizione.
Per altri, ci troveremmo di fronte ad un calco di preghiera propria della Madonna, da proibire per evitare il pericolo che i fedeli mettano tutti i santi sullo stesso piano.
Altri ancora, infine, si appellano ad una lontana condanna da parte dell’autorità romana. Come stanno in realtà le cose?
Riguardo all’obiezione circa la “novità” della formula, è facile rispondere che le prime “salutazioni” appaiono, invece, alla fine del XVI secolo.
Da allora, per una ricerca fatta, si sono trovate diverse formulazioni, sono una quindicina. Tra esse, quelle che imitano in maniera troppo servile la “Ave, o Maria”, sono da evitare e quindi non sono approvate. Mentre, sono state approvate quelle che esprimono la missione sublime e i privilegi eccezionali del santo, fondamento del ricorso fiducioso al suo patrocinio.
Comunque, in tutte queste formule, c’è una varietà di aggetti vi attribuiti alla paternità di San Giuseppe: “verginale”, “davidico”, “adottivo”, “putativo”, “nutrizio”, “educatore”, ecc.
Tutti gli aggettivi dicono una verità, ma non intera, in quanto, in forza del matrimonio, è semplicemente “padre” di Gesù.
Nella perplessità di scegliere la formula migliore da adottare nel Santuario, il rettore del medesimo, il 16 Giugno 2007, ha scritto al Padre Tarcisio Stramare osj, esperto in materia, per avere un parere in proposito.
Il 26 giugno 2007, Padre Stramare risponde suggerendo la formula adottata dal nostro Santuario, sotto riportata. E’ stata approvata dal Vescovo diocesano il 20 novembre 2007.
L’autore ha accompagnato la formula di preghiera con queste parole:
“Ciò che veramente si richiede, è che la formula non solo non contenga errori contro la fede o la morale, ma che sia “propositiva”. La prima parte, contiene i titoli evangelici di “giusto”, “sposo” e “padre”, propri di San Giuseppe.
La difficoltà è creata soprattutto dal titolo di padre, che nel timore “incurabile” di essere frainteso, viene accompagnato da qualche aggettivo o attributo che ne “limita” in qualche modo la “verità”.
Ho cercato allora di aggirare il problema, mettendo il titolo di “padre” in bocca a Gesù, in modo che nessuno abbia a ridire.
La seconda parte, tiene conto del titolo del Patrocinio e della devozione popolare del pio “Transito” di San Giuseppe. Il titolo “Custode del Redentore”, è importante sia come richiamo all’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II - “Redemptoris custos” - sia come fondamento del titolo “Patrono della Chiesa”.
Ed ecco la formula:
Ave, o Giuseppe, uomo giusto,
Dio ti ha scelto come sposo di Maria,
E Gesù ti ha onorato con il titolo di padre.
O custode del Redentore, e patrono della Chiesa universale,
Proteggi le nostre famiglie,
E assistici nell’ora della morte. Amen
Primo schema
Con riflessioni estratte dalla Redemtoris Custos
San Giuseppe - Uomo giusto
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,18-25)
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi”.
Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
Dalla Redemptoris Custos (n.17)
Nel corso della sua vita, che fu una peregrinazione nella fede, Giuseppe, come Maria, rimase fedele sino alla fine alla chiamata di Dio.
La vita di Maria fu il compimento sino in fondo di quel primo «fiat» pronunciato al momento dell'Annunciazione, mentre Giuseppe, al momento della sua «annunciazione», non proferì alcuna parola: semplicemente egli «fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore».
E questo primo «fece» divenne l'inizio della «via di Giuseppe».
Lungo questa via i Vangeli non annotano alcuna parola detta da lui.
Ma il silenzio di Giuseppe ha una speciale eloquenza: grazie ad esso si può leggere pienamente la verità contenuta nel giudizio che di lui dà il Vangelo: il «giusto».
Secondo mistero e riflessione
San Giuseppe - Sposo verginale
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,26-38)
Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.
Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te».
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei.
Dalla Redemptoris Custos (n.18)
L'uomo «giusto» di Nazaret possiede soprattutto le chiare caratteristiche dello sposo. L'Evangelista parla di Maria come di «una vergine, promessa sposa di un uomo, chiamato Giuseppe».
Secondo la consuetudine del popolo ebraico, il matrimonio si concludeva in due tappe: prima veniva celebrato il matrimonio legale (vero matrimonio), e solo dopo un certo periodo, lo sposo introduceva la sposa nella propria casa.
Prima di vivere insieme con Maria, Giuseppe quindi era già il suo «sposo»; Maria però, conservava nell'intimo il desiderio di far dono totale di sé esclusivamente a Dio.
Ci si potrebbe domandare in che modo questo desiderio si conciliasse con le «nozze».
La risposta viene soltanto dallo svolgimento degli eventi salvifici, cioè dalla speciale azione di Dio stesso. Fin dal momento dell'Annunciazione Maria sa che deve realizzare il suo desiderio verginale di donarsi a Dio in modo esclusivo e totale proprio divenendo madre del Figlio di Dio.
La maternità per opera dello Spirito Santo è la forma di donazione, che Dio stesso si attende dalla Vergine, «promessa sposa» di Giuseppe.
Terzo mistero e riflessione
San Giuseppe - Uomo forte
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,13-15.19-23)
I magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo».
Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio”.
Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino».
Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.
Avendo però saputo che era re della Giudea Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi.
Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Dalla Redemptoris Custos (n.14)
Secondo il testo di Matteo, è da collocare un evento molto importante, per il quale la divina Provvidenza ricorre di nuovo a Giuseppe.
Leggiamo: «Essi (i magi) erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo"».
In occasione della venuta dei magi dall'Oriente, Erode aveva saputo della nascita del «re dei Giudei». E quando i magi partirono, egli «mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù».
In questo modo, uccidendo tutti, voleva uccidere quel neonato «re dei Giudei», del quale era venuto a conoscenza durante la visita dei magi alla sua corte.
Allora Giuseppe, avendo udito in sogno l'avvertimento, «prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio"».
Quarto mistero e riflessione
San Giuseppe - Capo famiglia ed educatore
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2.51-52)
Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.
E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 6, 2-3)
Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga.
E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
E si meravigliava della loro incredulità.
Dalla Redemptoris Custos (n. 21)
Inserita direttamente nel mistero dell'Incarnazione, la Famiglia di Nazaret costituisce essa stessa uno speciale mistero. Ed insieme, così come nella Incarnazione, a questo mistero appartiene la vera paternità: la forma umana della famiglia del Figlio di Dio, vera famiglia umana, formata dal mistero divino.
In essa Giuseppe è il padre: non è la sua una paternità derivante dalla generazione; eppure, essa non è «apparente», o soltanto «sostitutiva», ma possiede in pieno l'autenticità della paternità umana, della missione paterna nella famiglia.
Acquistano il loro giusto significato le parole rivolte da Maria a Gesù dodicenne nel tempio: «Tuo padre ed io... ti cercavamo».
Non è questa una frase convenzionale: le parole della Madre di Gesù indicano tutta la realtà dell'Incarnazione, che appartiene al mistero della Famiglia di Nazaret.
Giuseppe, il quale sin dall'inizio accettò mediante «l'obbedienza della fede» la sua paternità umana nei riguardi di Gesù, seguendo la luce dello Spirito Santo, che per mezzo della fede si dona all'uomo, certamente scopriva sempre più ampiamente il dono ineffabile di questa sua paternità.
Quinto mistero e riflessione
San Giuseppe - Osservante della legge
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 21-14)
Quando furono passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2, 41-42)
I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza.
Dalla Redemptoris Custos (n. 11)
Essendo la circoncisione del figlio il primo dovere religioso del padre, Giuseppe con questo rito esercita il suo diritto-dovere nei riguardi di Gesù.
Il principio secondo il quale i riti dell'antico testamento sono l'ombra della realtà, spiega perché Gesù li accetti.
Come per gli altri riti, anche quello della circoncisione trova in Gesù il «compimento».
L'alleanza di Dio con Abramo, di cui la circoncisione era segno, raggiunge in Gesù il suo pieno effetto e la sua perfetta realizzazione, essendo Gesù il «sì» di tutte le antiche promesse.
Secondo schema
Con riflessioni estratte dalla Omelia di Papa Francesco del 19 marzo 2013
Primo mistero e riflessione
Giuseppe, uomo giusto e puro, sa custodire se stesso
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,18-19)
Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Dall’omelia di Papa Francesco (19 marzo 2013)
Per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi!
Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita!
Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive, quelle che costruiscono e quelle che distruggono!
Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!
Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza.
Nei Vangeli, san Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore.
Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!
Breve silenzio. Poi segue: Padre nostro, Ave o Giuseppe (10 volte), Gloria al Padre
Preghiamo
Giuseppe e Maria, mostrateci la via per realizzare, giorno dopo giorno, il progetto di Dio sulla nostra famiglia. La nostra vita familiare sia modellata sulla tenerezza e sulla fortezza con cui voi avete affrontato i vari momenti dell’esistenza, nella convinta adesione alla volontà del vostro Figlio.
Per lo stesso Gesù Cristo, nostro Signore.
Amen!
Secondo mistero e riflessione
Giuseppe è chiamato da Dio a custodire Maria, Gesù e la Chiesa
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,20-21)
Mentre stava pensando a queste cose (di licenziare in segreto Maria), ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.
Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.
Dall’omelia di Papa Francesco (19 marzo 2013)
In queste parole è già racchiusa la missione che Dio affida a Giuseppe, quella di essere custode.
Custode di chi?
Di Maria e di Gesù; ma è una custodia che si estende poi alla Chiesa.
Come esercita Giuseppe questa custodia?
Con discrezione, con umiltà, nel silenzio, ma con una presenza costante ed una fedeltà totale, anche quando non comprende.
Dal matrimonio con Maria, sino all’episodio di Gesù dodicenne nel tempio di Gerusalemme, accompagna con premura e tutto l’amore ogni momento.
È accanto a Maria sua sposa nei momenti sereni e in quelli difficili della vita, nel viaggio a Betlemme per il censimento e nelle ore trepidanti e gioiose del parto; nel momento drammatico della fuga in Egitto e nella ricerca affannosa del figlio al tempio; e poi nella quotidianità della casa di Nazaret, nel laboratorio dove ha insegnato il mestiere a Gesù.
Breve silenzio. Poi segue: Padre nostro, Ave o Giuseppe (10 volte), Gloria al Padre
Preghiamo
Signore, benedici quanti scelgono di diventare papà e mamma.
Insegna loro a pregare per affidarsi a te e mettere nelle tue mani le loro creature.
Aiuta tutti i genitori ad essere coerenti e a non piegarsi ai ritmi, ai criteri e agli stili di vita del “villaggio globale”.
Per Cristo nostro Signore.
Amen!
Terzo mistero e riflessione
Giuseppe è attento e disponibile ad ogni chiamata di Dio
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,13-14.19-23)
I magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”.
Giuseppe destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase sino alla morte di Erode.
Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va nel paese di Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”.
Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese di Israele.
Avvertito ancora in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret.
Dall’omelia di Papa Francesco (19 marzo 2013)
Come vive Giuseppe la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù, della Chiesa?
Nella costante attenzione a Dio, aperto ai suoi segni, disponibile al suo progetto, non tanto al proprio.
E Giuseppe è “custode”, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge.
In lui, cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza; ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo!
Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!
Breve silenzio. Poi segue: Padre nostro, Ave o Giuseppe (10 volte), Gloria al Padre
Preghiamo
O Maria, insegnaci a dire “eccomi”, quando in famiglia qualcuno ci domanda attenzione e consiglio; insegnaci a chiedere “scusa” dopo ogni litigio e a riannodare i fili del rapporto dopo ogni strappo.
Per Cristo nostro Signore.
Amen!
Quarto mistero e riflessione
Giuseppe è modello per tutti nel custodire ogni dono di Dio
Dal Vangelo di Luca (Lc 2, 51-52)
(Dopo il ritrovamento al tempio) Gesù partì con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.
E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 13,54-55)
Gesù venuto nella sua patria insegnava nella Sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: “Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è egli forse il figlio del falegname?
Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi?”.
E si scandalizzavano per causa sua.
Dall’omelia di Papa Francesco (19 marzo 2013)
La vocazione del custodire riguarda tutti. È il custodire l’intero creato, la bellezza del creato. È l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. È il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.
È l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si custodiscano reciprocamente, e poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i figli diventino custodi dei genitori. È il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene.
In fondo tutto, tutto è affidato alla custodia dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!
E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce.
Breve silenzio. Poi segue: Padre nostro, Ave o Giuseppe (10 volte), Gloria al Padre
Preghiamo
San Giuseppe, sposo di Maria, invoca dal tuo Figlio una nuova effusione dello Spirito su di noi e sulle nostra famiglie, perché riscaldi di amore i nostri cuori, allontani ogni divisione, rafforzi la fede, ci sostenga nelle nostre fragilità e ci affascini al bene.
Per Cristo nostro Signore,
Amen!
Quinto mistero e riflessione
Giuseppe è l’uomo della speranza radicata nella fede
Dalla lettera di Paolo apostolo ai Romani (Rm 4, 13.18)
Non in virtù della legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede.
Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli.
Dall’omelia di Papa Francesco (19 marzo 2013)
San Paolo parla di Abramo, il quale “credette, saldo nella speranza contro ogni speranza”.
Saldo nella speranza, contro ogni speranza!
Anche oggi davanti a tanti tratti di cielo grigio, abbiamo bisogno di vedere alla luce della speranza e di dare a noi la stessa speranza.
Custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza, è aprire uno squarcio di luce in mezzo a tante nubi, è portare il calore della speranza!
E per il credente, per noi cristiani, come Abramo, come san Giuseppe, la speranza che portiamo ha l’orizzonte di Dio che ci ha aperto in Cristo, è fondata sulla roccia che è Dio.
Breve silenzio. Poi segue: Padre nostro, Ave o Giuseppe (10 volte), Gloria al Padre
Preghiamo
O Santa Famiglia di Nazaret, donaci occhi capaci di vedere Dio all’opera nel mondo e nella nostra esistenza.
Insegnaci ad essere accoglienti, a prevenire le necessità di chi ci metti accanto quotidianamente.
Fa che da ogni situazione scaturiscano cordialità, benevolenza, e rapporti sempre costruttivi.
Per Cristo nostro Signore.
Amen!